ROMA – L’annuncio della rottura era nell’aria ormai da giorni e alla fine l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi ha deciso di affidare al quotidiano “La Repubblica” il suo addio al Partito democratico. “Quello che mi spinge a lasciare è la mancanza di una visione sul futuro”, afferma l’ex premier, che rivendica il suo operato degli ultimi anni. “I parlamentari che mi seguiranno saranno una trentina, più o meno. Non dico che c’è un numero chiuso, ma quasi”. Renzi dice di non credere a un’unità che considera di facciata. “Voglio passare i prossimi mesi a combattere contro Salvini”, prosegue. “I gruppi autonomi nasceranno già questa settimana. E saranno un bene per tutti”, dice.
L’ex segretario democratico tende una mano al premier Giuseppe Conte, parlando di un’operazione che “allargherà la base del consenso”, ma stando a quanto trapela da Palazzo Chigi il presidente del Consiglio non si fida affatto della mossa del fu rottamatore, giudicando “singolare la scelta dei tempi di questa operazione”: se fosse stata decisa prima della nascita del nuovo esecutivo – è il ragionamento attribuito a Conte – gli avrebbe dato la possibilità di “valutare la sostenibilità e percorribilità del nuovo progetto di governo”. Per il prof di diritto privato, insomma, che si era appena liberato della grana “Matteo”, quello leghista, ne spunta un’altra omonima, di segno opposto, e che inserisce questa legislatura in una sorta di gioco di specchi, dove la trasmigrazione da destra a sinistra porta con sé anche le “seccature”.
“Il presidente Conte – viene confermato dalle fonti – ha ricevuto una telefonata dal senatore Matteo Renzi, che lo ha informato della sua intenzione di lasciare il Pd e di formare nuovi gruppi autonomi in Parlamento”. Il premier, nel corso della telefonata, “ha chiarito di non volere entrare nelle dinamiche interne a un partito”, ma al contempo “ha espresso le proprie perplessità su una iniziativa che introduce negli equilibri parlamentari elementi di novità, non anticipati al momento della formazione del governo”.
“Se portata a compimento prima della nascita del nuovo esecutivo, questa operazione, niente affatto trascurabile, avrebbe assicurato – sottolineano le fonti di Palazzo Chigi – un percorso ben più lineare e trasparente alla formazione del governo. Il Presidente incaricato avrebbe potuto disporre di un quadro di riferimento più completo per valutare la sostenibilità e la percorribilità del nuovo progetto di governo che ha presentato al Paese”.