Le imprese siciliane non sanno fare squadra, solo 917 unite in rete contro le 8.305 del Lazio - QdS

Le imprese siciliane non sanno fare squadra, solo 917 unite in rete contro le 8.305 del Lazio

Chiara Borzi

Le imprese siciliane non sanno fare squadra, solo 917 unite in rete contro le 8.305 del Lazio

mercoledì 19 Febbraio 2020

Sicindustria: “Molta diffidenza verso i contratti di rete, usati non come strategia, ma per risolvere criticità”

PALERMO – I contratti di rete rappresentano una soluzione interessante per far impresa ed una via diretta per puntare alla condivisione di conoscenza e alla collaborazione aziendale, ma in Sicilia sono un strumento accolto in maniera tiepida.

Le imprese siciliane dette “retiste” sono 917, solo il 2,9 per cento sul territorio (20 imprese ogni 10.000 registrate per l’anno 2018). I margini di miglioramento sono importanti perché il settore maggiormente propenso ad unirsi in rete è quello agricolo.

Lo evidenziano i numeri del rapporto dell’Osservatorio sulle reti d’impresa realizzato da Retimpresa, Infocamere e Universita Ca’ Foscari di Venezia, nella sua prima edizione.

In Italia le aziende maggiormente connesse tra loro sono (come detto) quelle appartenenti al primo settore: 5.557 attività, ovvero quasi il 18 per cento del totale. Seguono commercio al dettaglio con 3.548 imprese retiste pari all’11,3 per cento, i servizi di ristorazione con 1.855 unità, aziende per lavori di costruzione specializzate, con oltre 1.600 imprese ed il commercio all’ingrosso con quasi 1.250 imprese.

Stando al rapporto Retimpresa, la tipologia di rete maggiormente diffusa è tra imprese appartenenti alla stessa filiera produttiva (dette verticali, con una percentuale del 60 per cento a livello nazionale) ed anche in questo caso il settore predominante è quello agricolo, con una percentuale del 14 per cento, seguito dalle costruzioni con il 12 per cento e la meccanica con l’11 per cento.

In Italia costituirsi in rete è una caratteristica delle imprese che hanno tra loro già un rapporto di lunga durata. Le reti rafforzano i rapporti di fiducia e creano condivisione di conoscenze e obiettivi. Più è accentuato lo scambio di conoscenza più la perfomance delle reti risulta positiva. Obiettivo importante, ma che le reti solo sfiorano, è quello di migliorare il rapporto con le banche. Ma, spiega il rapporto, come appena il 12 per cento delle reti italiane abbia registrato un miglioramento dell’accesso al credito.

Il modo in cui le reti si distribuiscono sul territorio nazionale è molto differente. Le reti interregionali sono collocate per il 33 per cento in aree Nord e Centro, il 25 per cento a cavallo tra Centro e Sud Italia e un altro 25 per cento Nord e Sud e il 17 per cento tra Nord, Centro e Sud.

I dati regionali dimostrano un primato del Lazio, con 8.305 imprese retiste, stimolato anche dalle policy pubbliche locali, segue la Lombardia con 3.317 imprese, pari al 10,6 per cento. Lazio e Lombardia insieme sono formidabili: i due territori rappresentano quasi il 40 per cento delle imprese retiste italiane. Viene poi evidenziato che, aggiungendo Veneto e Campania (insieme portatrici di 4.789 imprese), si supera abbondantemente la metà dell’universo (52,3% d’imprese unite in rete).

Seguono Toscana (2.080), Emilia-Romagna (2.001), Puglia (1.818) e Friuli Venezia Giulia (1.410). Per vedere la Sicilia serve superare Piemonte e Abruzzo (1.296 e 1.065 imprese retiste), dunque, scivolare fino all’undicesimo posto nella classifica nazionale (come mostra la tabella di Retimpresa)

La Sicilia si attarda parecchio con solo il 2,9 per cento d’imprese presenti sul territorio unite tra loro da un contratto di rete. Sono dati frutto di una certa “diffidenza” nei confronti di questo tipo di strategia imprenditoriale, spesso vista come ultima spiaggia per tentare il rilancio della propria impresa. Al Sud l’isola fa registrare comunque un primato territoriale; contando oggi 1.053 contratti di rete comprendenti imprese di tutte le province è la terza regione del Sud dopo Campania e Puglia, in una posizione superiore rispetto alla Liguria.


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La parola a Filippo D’Angelo, responsabile di Sicindustria per Retimpresa

CATANIA – Nonostante sul nostro territorio regionale non manchino esempi virtuosi d’imprese retiste, che hanno visto migliorare la propria condizione dopo aver adottato i contratti di rete, unirsi è una strategia poco battuta.

“Purtroppo, salvo casi virtuosi, la misura del contratto di rete sconta ancora oggi una ridotta conoscenza e un utilizzo sottodimensionato da parte delle imprese, sia per ostacoli di natura culturale sia per l’assenza di misure di politica economica che ne incentivino in maniera organica, diffusa e coerente l’utilizzo – spiega al QdS Filippo D’Angelo, responsabile di Sicindustria per Retimpresa -. Spesso tra le nostre imprese c’è ancora molta diffidenza rispetto al tema della collaborazione imprenditoriale. Alcune aziende approcciano le reti di imprese per accedere a finanziamenti pubblici, o come ultima “spiaggia” per risolvere qualche criticità strutturale interna, o ancora per trovare risorse necessarie per gli investimenti che non si riescono a reperire singolarmente. Manca – spiega D’Angelo – la chiara consapevolezza delle reti come strategia e strumento innovativo di programmazione, organizzazione e gestione del business in forma congiunta, in grado di accelerare la crescita e il rilancio competitivo delle filiere manifatturiere e innovative sui mercati internazionali. L’economia è oggi sempre più articolata in filiere globali che integrano i settori tradizionali, in una logica trasversale che comprende realtà di diversi territori e livelli di specializzazione, con attività diversificate, dalla produzione alla trasformazione, commercializzazione, distribuzione, fornitura del prodotto/servizio fino alla gestione del fine vita dei beni.

Solo attraverso la capacità di valorizzare queste interrelazioni che comporta l’attuale modello produttivo di filiera e di coordinarsi lungo le filiere stesse e le catene del valore, anche attraverso lo strumento della Rete, le nostre piccole e medie imprese potranno integrarsi in sistemi e mercati complessi e affrontare le sfide dell’innovazione”.


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Vincenzo De Caro (XMed), alleanza nel campo dell’Itc

CARINI (PA) – Manager d’azienda del settore telecomunicazioni, in contatto da oltre 30 anni, hanno deciso di far rete in Sicilia dando vita ad XMed, consorzio che riunisce le imprese Demetrix, Mandarin e Wishnet già conosciute sul mercato Itc.

La vivacità imprenditoriale evidenziata da questa case history offre un’alternativa assolutamente interessante alla statistica per cui, in Sicilia, la facciano da padrone aziende retiste del primo settore. XMed è infatti rete attiva nel settore delle telecomunicazioni e titolare di una quota del data center Open Hub Med di Carini (Palermo), snodo di comunicazione che interessa Africa, Asia ed Europa.

“Da tre anni siamo rete tramite XMed, grazie alla quale siamo titolari di una quota del data center realizzato a Carini, lavorando all’interno di questo consorzio di cui fanno parte aziende nazionali e internazionali – spiega Vincenzo De Caro -. Il contratto di rete sicuramente amplia la possibilità di offrire servizi, sfruttando lo scambio d’infrastrutture che realizziamo tra noi aziende. Uno scambio che prevede anche quello di clienti.

Siamo presenti sul mercato in ambito cloud, strumento sicuramente non molto sfruttato in Sicilia, ma appunto tramite la rete compiamo passi avanti importanti verso la diffusione di una cultura del cloud, lavoriamo per una crescita culturale che prevede la diffusione della conoscenza di questo strumento tra gli imprenditori che ancora non lo utilizzano. Grazie ad XMed portiamo un’offerta forte e congiunta sul mercato”.

Come già evidenziato dal report nazionale, unirsi in rete non aumenta le possibilità di accesso al credito. “è un aspetto che non abbiamo rilevato – spiega De Caro – fare rete aiuta le aziende a camminare sulle proprie gambe, a rafforzare la propria impronta imprenditoriale sul territorio tramite la collaborazione e dunque certamente incide su una migliore resa economica”.

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