Legalità, al via a progetto educativo antimafia - QdS

Legalità, al via a progetto educativo antimafia

redazione

Legalità, al via a progetto educativo antimafia

giovedì 24 Ottobre 2019

Conferenze e iniziative rivolte a studenti delle scuole secondarie di secondo grado. L’iniziativa è partita ieri a Palermo ed è stata promossa dal Centro Studi Pio La Torre

PALERMO – Si è aperto ieri mattina con una videoconferenza sull’evoluzione delle mafie nel secondo dopoguerra il progetto educativo antimafia promosso dal Centro studi Pio La Torre di Palermo. Una serie di conferenze e iniziative rivolte agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado e delle case circondariali. Collegati in videoconferenza gli studenti detenuti delle carceri, tra le altre, di Trieste, dell’Ucciardone e del Pagliarelli di Palermo, di Catania e di San Cataldo (Caltanissetta).

“Il punto di svolta nella lotta sociale alla mafia – ha sottolineato Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre – si ha durante la seconda guerra di mafia (1978/1983) che provocò centinaia di vittime innocenti, ma segnò la sconfitta storica della mafia che tentò di imporre allo Stato, con lo stragismo, il suo potere”.
“Infatti – ha aggiunto – di fronte ai delitti politici mafiosi, alle stragi di inquirenti, dei magistrati, degli uomini delle scorte, nacque dalla società civile un ampio e trasversale movimento antimafia di popolo, che fu ascoltato dal Parlamento dopo l’uccisione del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa con l’approvazione della prima legge antimafia dopo 122 anni dall’Unità di Italia, la legge Rognoni-La Torre, che creò lo strumento giudiziario che permise ai magistrati di perseguire i componenti di ogni associazione di stampo mafioso e confiscarne i beni accumulati con il crimine”.

“Sebbene furono gli Stati Uniti, nel 1970, ad approvare la prima legge nel mondo contro la criminalità organizzata con provvedimenti in particolare contro il riciclaggio di denaro sporco e le scommesse clandestine – ha ricordato Vincenzo Militello, giurista dell’Università di Palermo – questi provvedimenti, a differenza di quanto avvenne in Italia, non furono accompagnati e spinti dalla reazione sociale e dalla coscienza diffusa che nel nostro paese si aveva del problema mafioso, con il volano di iniziative e di manifestazioni di piazza della cittadinanza che i delitti politico-mafiosi avevano attivato in Sicilia e in Italia”.

“Nonostante questa spinta popolare, però, molte delle innovative soluzioni contenute nella legge Rognoni-La Torre, come per esempio l’introduzione del reato di associazione mafiosa e le confische dei beni, non ebbero un percorso facile in Parlamento che approvò la legge solo dopo gli omicidi di Pio La Torre e del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa”, ha evidenziato.

“Fino a una ventina di anni fa – ha sottolineato Antonio Balsamo, magistrato rappresentante per l’Italia presso l’Onu – si aveva da parte di Cosa Nostra una strategia di sovrapposizione tra organizzazione mafiosa e Stato, uno Stato nello Stato capace di regolare completamente anche il mercato locale, con un patto con il mondo politico e imprenditoriale per la spartizione degli appalti pubblici e la distribuzione delle ricchezze”. “Dopo i feroci colpi inferti a Cosa Nostra da un’attività legislativa e giudiziaria senza precedenti che l’hanno privata di risorse umane ed economiche – ha continuato Balsamo – la mafia ha adottato la strategia della sommersione, sapendo però adattarsi ai cambiamenti sociali e politici riuscendo a mimetizzarsi all’interno dei centri di potere”.

Intervenuto in videoconferenza anche Giovanni Grasso, consigliere del presidente della Repubblica, che ha ricordato il delitto di Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio 1980. “Ancora oggi a quasi quarant’anni di distanza, sul più grave delitto politico dopo quello di Aldo Moro, permangono enormi zone d’ombra: non abbiamo mai saputo chi fossero gli esecutori materiali di quel delitto. Ed è un mistero perché su tutti gli altri omicidi politico-mafiosi di quegli anni in Sicilia ci sono state delle rivelazioni di pentiti che ne hanno messo a fuoco la dinamica ma sul caso Mattarella nessun pentito di mafia ha affermato con certezza chi fosse stato a sparare e perché. Anzi, i pochi pentiti che hanno parlato, pentiti minori, lo hanno fatto solo per attuare depistaggi”.

In apertura il saluto di Paolo Sciascia, dirigente del ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca che ha evidenziato l’importanza e la peculiarità dell’apertura del progetto alle case di reclusione italiane. La prossima videoconferenza si terrà giovedì14 novembre sul tema: “Le mafie nell’era della globalizzazione”.

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