Dopo un lungo iter burocratico, con l’ultimo voto alla Camera del 28 luglio scorso, la riforma costituzionale dell’articolo 119 è diventata realtà e, con essa, il riconoscimento delle peculiarità delle isole e degli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità. Una norma, questa, che non riguarda soltanto Sicilia, Sardegna e gli arcipelaghi limitrofi, ma decine di territori sparsi lungo lo stivale in aree marittime, lacustri e fluviali.
Un’importante “fetta” di paese che, adesso, attende i fatti, ovvero misure concrete che rendano effettivi i nuovi dettami costituzionali. La prima occasione potrebbe essere rappresentata dalla prossima legge di bilancio, atto fondamentale del futuro esecutivo. “Si tratta di un riconoscimento storico – commenta al QdS Francesco Del Deo, sindaco di Forio e presidente dell’Associazione nazionale comuni isole minori (Ancim)– perché finalmente le isole entrano nella nostra Costituzione, con le loro peculiarità e i loro svantaggi. Un tema di cui si è iniziato a parlare negli ultimi anni, perché storicamente il Parlamento ha legiferato per il paese Italia, senza considerare la necessità di una legislazione ad hoc per le isole. In Spagna, Grecia e nei paesi scandinavi le isole sono una fonte di ricchezza economica e culturale, cosa sempre dimenticata dal nostro Parlamento. I governi che verranno, dunque, dovranno tenere in considerazione questa norma, da parte nostra ci faremo valere. Non vogliamo assistenzialismo, chiediamo di essere messi alla pari dei cittadini della terraferma”.
L’obiettivo è recuperare quel “gap di cittadinanza” che vede oggi gli isolani d’Italia cittadini di “serie B” in tutti i principali indicatori economici e sociali: dal Pil alla sanità, dai trasporti al lavoro. Si tratta di un numero imponente di persone: in totale 6 milioni e 576 mila suddivisi tra Sicilia (4.789.826), Sardegna (1.573.089) e le quasi 80 isole minori più o meno popolate (213.093)…CONTINUA LA LETTURA. QUESTO CONTENUTO È RISERVATO AGLI ABBONATI