Editoriale

Leggi incomplete senza decreti attuativi, al popolo non si ubbidisce si guida dopo il mandato

Abbiamo rilevato la necessità di modificare l’assetto costituzionale per far passare l’attuale Repubblica con elezione di secondo grado a un’altra con l’elezione diretta del Capo dello Stato.
In atto, come è noto, sono eletti i parlamentari che poi procedono a eleggere Presidente della Repubblica e dare la fiducia al presidente del Consiglio.
I due vertici, una volta eletti e ricevuto un mandato pieno dai parlamentari che, a loro volta, rappresentano il popolo, dovrebbero avere la consapevolezza di far procedere le istituzioni senza più sentire cosa dicono i loro elettori.
In altre parole, la distorsione che si è verificata negli ultimi decenni, in base a cui né presidente del Consiglio, né ministri prendono iniziative se prima non hanno sentito i sondaggi, rappresenta un comportamento altamente deprecabile.
I mandatari hanno ricevuto l’incarico di governare in nome del popolo. Loro preciso dovere è dunque analizzare i problemi, cercarvi le idonee soluzioni, prendere decisioni e renderle esecutive.

I comportamenti accennati possono essere adottati solo da chi ha attributi mentali, e non solo, da chi è onesto e da chi ha la consapevolezza che fare il proprio dovere non significa accontentare questa o quella parte della popolazione.
Alcuni affermano che il popolo è bue, cioè non conosce niente, ovviamente perché gli elettori non necessariamente debbono essere sapienti. Anzi, la maggior parte di essi è ignorante.
L’ignoranza è tanto diffusa per cui molti credono a quel proverbio del bue che dice cornuto all’asino. Tutto ciò danneggia i giovani e il loro futuro, perché vi è un antitesi fra chi lavora per il presente e non per i tempi a venire.
L’attuale classe dirigente politica, oltre che mediamente ignorante (che non conosce perché ha studiato poco) è anche mediamente paurosa e, in qualche caso, perfino vigliacca. Non ha il coraggio delle proprie azioni, non ha il coraggio di prendere decisioni forti anche quando una parte della popolazione protesta.
Proprio la mancanza di questa capacità oscura sempre di più il presente e non fa sperare in un futuro migliore.
Il popolo si guida dopo che ha dato il mandato, non si accontenta. Adesso non si ubbidisce giorno per giorno, perché l’incarico più elevato di amministrare la Cosa pubblica prescinde dalle voglie di questa o quella parte economica e sociale.
Gli statisti debbono avere la capacità di condensare le richieste delle varie parti e di metterle in ordine di priorità per effettuarne la realizzazione.
Non è facile governare se non si possiedono i necessari requisiti ed è ancora più difficile quando gli elettori ignoranti mettono il segno su uomini, donne e terzo genere che non hanno i requisiti per ricoprire posti di responsabilità. Con la conseguenza che essa viene meno e si verificano danni sequenziali a non finire.
Poi, vi è un Parlamento inadeguato, che esprime Governi inadeguati, e un modo di approvare le leggi molto dannoso.
Cosa accade nel nostro Paese? Che esse vengono promulgate dal presidente della Repubblica e stampate sulla Gazzetta ufficiale.

Dove sta il vulnus di questo modo di procedere? Nel fatto, ormai macroscopico, che tutte le leggi approvate non entrano in funzione – seppure entrate in vigore – immediatamente.
Perché? Perché in esse si annidano centinaia di provvedimenti da adottare, i cosiddetti decreti attuativi, senza cui le leggi non possono essere eseguite.
Ve ne facciamo un breve elenco: le leggi promosse dal Governo Letta hanno ancora 12 provvedimenti da adottare; quelle del Governo Renzi, 135; le altre del Governo Gentiloni 262; provvedimenti del Governo Conte I ben 275 (un record); quelli del Conte II, 12. Alla data del 23 ottobre di quest’anno dovevano essere emessi ben 696 decreti attuativi.
Che significa? Che tutte le leggi, matrici dei Decreti, sono di fatto bloccate e non producono effetto alcuno.
Ci vogliono dei veri scienziati per procedere nel modo siffatto; oppure semplicemente degli irresponsabili che procrastinano nel tempo l’esecuzione delle leggi, in modo da poterne manipolare gli effetti secondo le convenienze di parte e non l’interesse generale.