Libia, il capitano Pietro Marrone, "chiusi in quattro diverse carceri" - QdS

Libia, il capitano Pietro Marrone, “chiusi in quattro diverse carceri”

redazione web

Libia, il capitano Pietro Marrone, “chiusi in quattro diverse carceri”

venerdì 18 Dicembre 2020

Il comandante della Medinea racconta via radio i segreti dei terribili giorni della prigionia, in condizioni sempre più difficili. Nell'ultimo rinchiusi al buio. "Quando ci hanno detto: 'Preparatevi che andate via', non ci credevamo"

“In questi centootto giorni abbiamo cambiato quattro carceri in condizioni sempre più difficili”.

A raccontare la prigionia in Libia è Pietro Marrone, capitano della “Medinea”, nel primo contatto via radio dopo la partenza dal porto di Bengasi con il suo armatore Marco Marrone.

Stamattina, dalla centrale radio porto nuovo, l’armatore è riuscito a parlare con il suo equipaggio che sta navigando per fare rientro a Mazara del Vallo.

“L’ultimo carcere dove siamo stati – ha raccontato – era al buio, ci portavano il cibo con i contenitori di metallo. È stato davvero molto complicato: accendevano e spegnevano le luci, a loro piacimento”.

Preparatevi che dobbiamo andare via

“Ieri – ha sottolineato il capitano Marrone – sono venuti a prenderci e una guardia ci ha detto: ‘Preparatevi che dobbiamo andare via’”.

“Ma siccome – ha spiegato – la stessa cosa era già successa circa un mese fa, nessuno di noi ormai ci credeva”.

Il capitano ha poi proseguito la sua ricostruzione della giornata: “Dopo l’annuncio che saremmo stati liberati ci siamo preparati: ci siamo fatti la barba, ci siamo fatti prestare qualche bottiglia di shampoo, ci siamo lavati, ci hanno portato qualche tuta”.

“Alla fine – ha concluso -, con un pullman, ci hanno portato dalle nostre ‘varcuzze’ (barchette, i pescherecci ndr). La notte scorsa intorno all’una, finalmente, dopo avere ricaricato le batterie, abbiamo acceso i motori e siamo partiti. Adesso non vediamo l’ora di essere a casa. A Mazara”.

Umiliati, ma nessuna violenza

“L’ultima cella – ha raccontato Marrone – , dove abbiamo trascorso la notte prima di avere la notizia della liberazione, era buia. Il cibo ci veniva portato in ciotole e non era buono. Abbiamo subito delle umiliazioni, pressioni piscologiche, ma mai violenze. Ci hanno tenuti divisi: italiani e tunisini, separati. In celle buie, senza un processo, e con indosso sempre gli stessi abiti”.

Rivisti dopo settanta giorni

Il comandante della Medinea, per radio, ha aggiunto, “Ci siamo rivisti dopo settanta giorni, ed è stato bellissimo. Ma ci siamo spaventati.Quando ci hanno detto che sarebbe arrivato il presidente Conte ci hanno anche dato del cibo migliore, ma quello vero lo abbiamo mangiato ieri sulle nostre barche”.

“Siamo felici – ha concluso -, stiamo tutti bene, e non vediamo l’ora di arrivare a casa dai nostri familiari e dai nostri amici. Grazie a tutti”.

“Amore mio ti aspetto a casa”

Anche Cristina Amabilino, moglie del pescatore Bernardo Salvo, è riuscita a parlare, via radio dal peschereccio Aristeus ormeggiato a Mazara del Vallo, con il marito liberato ieri in Libia.

“Amore mio, ti aspetto a casa. Non vedo l’ora di abbracciarti. Appena arrivi festeggeremo, finalmente è finito un incubo”.

E ha ringraziato l’armatore Marco Marrone che “in questi mesi ci è sempre stato vicino”.

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