Libia, indispensabile la missione di Conte e Di Maio da Haftar - QdS

Libia, indispensabile la missione di Conte e Di Maio da Haftar

redazione web

Libia, indispensabile la missione di Conte e Di Maio da Haftar

venerdì 18 Dicembre 2020

La trattativa sulla liberazione dei marinai che il Governo italiano ha attuato attraverso i servizi segreti e il ruolo giocato da Tunisia, Francia ed Egitto. Le polemiche del presidente dell'Ars Micciché e la risposta del M5s, "Si vergogni"

Un’accelerazione nell’ultima settimana, con i vertici della nostra intelligence a fare la spola tra Roma e la Libia, una trattativa durata tre mesi che ha visto entrare nella partita anche Tunisia, Francia ed Egitto, una sorta di “riconoscimento politico” chiesto e ottenuto dall’uomo forte di Bengasi come unica contropartita alla liberazione, alcuni momenti di fibrillazione negli apparati quando è stata fatta uscire la notizia del buon esito della vicenda prima ancora che l’operazione fosse conclusa.

L’ultima immagine del sequestro dei diciotto pescatori bloccati in Cirenaica dalla notte tra l’1 e il 2 settembre è stata quella degli uomini dei servizi segreti italiani che hanno scortato i due pescherecci fuori dalle acque libiche per consegnarli alle navi militari italiane affinché possano rientrare in sicurezza in Sicilia.

Per arrivare però alla missione di ieri a Bengasi del premier Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri Luigi di Maio c’è voluto un lungo lavoro diplomatico, condotto, in primo luogo, dal direttore dell’Aise Giovanni Caravelli e dall’ambasciatore a Tripoli Giuseppe Buccino.

E’ stata una trattativa “lunga e complessa” ha confermato lo stesso ministro della Difesa Lorenzo Guerini, condotta “in silenzio e con professionalità” dalla nostra intelligence.

Un “lavoro determinante” aggiunge il presidente del Copasir Raffale Volpi.

Caravelli, uno dei principali esperti di Libia, che ha seguito i dossier riguardanti il paese nordafricano già quando era vicedirettore dell’Aise, per una settimana ha fatto avanti e indietro per trattare e per organizzare la visita del premier, quando si è capito che la questione si sarebbe sbloccata prima di Natale.

Partendo da una certezza: l’Italia non avrebbe mai consegnato i quattro giovani che per i libici erano calciatori ma che per l’Italia sono trafficanti di uomini e responsabili della morte di 49 migranti nella cosiddetta strage di Ferragosto.

La circostanza era stata confermata anche dal ministro degli esteri Luigi Di Maio nei giorni scorsi.

I quattro – Joma Tarek Laamani, 24 anni, Abdelkarim Al Hamad, 23 anni, Mohannad Jarkess, 25 anni e Abd Arahman Abd Al Monsiff, 23 anni – furono arrestati in Sicilia nel 2015 e condannati prima dalla corte d’assise del tribunale di Catania e poi dalla corte d’appello a trent’anni di reclusione.

Sono ancora in carcere e stando al racconto dei migranti che viaggiavano con loro, la notte della strage “con calci, bastonate e cinghiate” avrebbero bloccato molti disperati nella stiva dell’imbarcazione.

Impossibile che l’Italia prendesse in considerazione un’ipotesi di scambio di prigionieri.

Al centro della trattativa c’è stato dunque il “riconoscimento politico” chiesto da Haftar ed è indubbio che la visita e la stretta di mano con Conte e Di Maio sia un successo per il generale in un momento di grande difficoltà dopo le sconfitte militari con Tripoli.

Ma secondo i media libici i discorsi sulla liberazione dei pescatori potrebbero aver coinvolto anche altri personaggi intrecciando i colloqui tra l’ambasciatore Buccino e il ministro della difesa libico, Salah al Din Al Namroush: sarebbe stato quest’ultimo a consigliare all’Italia di coinvolgere la Francia, visti i buoni rapporti di Parigi con Haftar.

In Libia c’è anche chi ipotizza anche un coinvolgimento di Al Sisi, il presidente egiziano protettore e sponsor di Haftar.

Entrambi avevano da guadagnare: il generale, appunto, il riconoscimento politico che cercava, il presidente egiziano una carta da giocare con l’Italia nella partita per la consegna degli assassini di Giulio Regeni. E ha rivendicato un ruolo anche Ahmed Maiteeq, il vice presidente del consiglio presidenziale libico, un uomo che ha sempre avuto buoni rapporti con Bengasi e il generale Haftar.

In un’intervista di qualche settimana fa, aveva ammesso di essere uno dei terminali della trattativa: “lavoriamo assiduamente per la liberazione dei pescatori, i miei collaboratori ne stanno parlando con gli ufficiali di Bengasi”.

Certo è che gli uomini dell’intelligence, sotto la pressione del Governo Conte, per 108 giorni non hanno mai mollato la presa, seguendo costantemente la situazione dei pescatori, chiusi dentro una palazzina all’interno della zona militare del porto, poco distante dai loro pescherecci.

Le polemiche di Micciché

Alla luce di quanto si è appreso risultano dunque pretestuose e pesanti le parole del presidente dell’Ars, il forzista Gianfranco Micciché che ieri, alla notizia della liberazione, aveva scritto su Fb di provare “un’infinita felicità nei confronti delle famiglie dei #pescatori di Mazara del Vallo liberati dopo oltre 100 giorni di prigionia in Libia” ma anche “una grandissima tristezza nel vedere cosa stanno facendo questi due personaggi, Giuseppe Conte e Luigi Di Maio , che non c’entrano assolutamente niente con la liberazione”.

“Che #DiMaio fosse una barzelletta – aveva aggiunto Micciché – lo sapevamo già, non avevamo dubbi, ma non immaginavo Conte. Dopo la figura di m… mondiale che hanno fatto, per cui ci ha riso dietro tutto il mondo, come fanno a non vergognarsi? Si vanno a fare la passerella dopo oltre tre mesi dal sequestro dei pescatori. Questi qua vivono di demagogia e pensano di prendere in giro il mondo. Spero sinceramente per il bene dell’Italia, che l’accordo prevede che Di Maio resti in #Libia per dimostrare che noi italiani siamo coraggiosi, altrimenti è una cosa così ridicola”.

Il M5s, Micchiché si vergogni

Pronte le risposte di vari esponenti del M5s, a cominciare dal viceministro a Infrastrutture e Trasporti Giancarlo Cancelleri, secondo il quale “le dichiarazioni di Micciché, presidente dell’Ars, sono vergognose e mettono in imbarazzo i siciliani e il Governo che in queste ore è ancora in Libia per concludere l’operazione che ha portato a casa i nostri pescatori. Chiedere scusa mi sembra il minimo perché certe frasi non sono giustificabili nemmeno se ironiche. Vergogna”.

“Il Presidente dell’Assemblea Regionale Miccichè – ha aggunto in una nota la deputata catanese Maria Laura Paxia – dovrebbe non solo chiedere scusa, ma esaltare la delicata azione diplomatica svolta dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio per liberare questi pescatori”.

“La nostra Sicilia – ha aggiunto – non merita di essere rappresentata nelle Istituzioni da persone così”.

Per ultima è giunta la dichiarazione dei deputati pentastellati all’Ars: “Anziché gioire ed esultare per l’attesissima liberazione dei pescatori di Mazara, il presidente dell’Ars Miccichè si è prodotto in un assurdo attacco a Conte e a Di Maio, cui avrebbe dovuto solo dire grazie, come siciliano, e soprattutto, come rappresentante delle istituzioni”.

“Il minimo che dovrebbe fare, oltre che vergognarsi profondamente – si legge nella nota -, è chiedere scusa, non solo ai diretti interessati, ma a tutti gli italiani e ai siciliani in particolare”.

“Il massimo rappresentante di un’importante istituzione come l’Ars – hanno concluso i deputati – farebbe bene, ogni tanto, a dismettere la casacca politica di appartenenza e a operare imparzialmente, come il ruolo gli impone, cosa spessissimo lontana anni luce dagli atteggiamenti tenuti da lui”.

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