Matteo Messina Denaro è stato interrogato per un’ora dai pm palermitani. Così il comunicato ottimista della Procura di Palermo. Cosa si sono detti? Ovviamente non si sa. Ma dopo trent’anni di latitanza un’ora vanno solo per l’accertamento delle generalità, e per capire le mosse successive. Lo Stato vuole veramente interrogare l’inafferrabile primula di Castelvetrano, l’ultimo boss della vecchia Cupola di Cosa Nostra in circolazione, con una latitanza abbastanza agiata a km zero?
Perché se lo vuole veramente fare dovrebbe chiedersi, e chiedere, chi lo ha tutelato per avere una latitanza così indisturbata. È inutile ed intellettualmente poco onesto prendersela con dei civili, con delle comunità che poco hanno avuto, a parte morti, poca roba da uno Stato che poco ha tutelato e niente investito. In proporzione a quanto ha investito MMD, la vera BCE del trapanese.
Di Matteo, Ingroia, Principato, tutti PM esperti della DDA di quel territorio hanno tutti espresso lo stesso concetto. È stato tutelato in alto loco. Quindi non a Campobello o a Castelvetrano, ma a latitudini decisamente superiori, magari da quegli uomini in borghese che girano gli apparati di sicurezza di uno Stato, che forse non conviene, per un equilibrio dei poteri che non sono quelli di Montesquieu ma più di Fouchè, che sia così sicuro.
Una certa insicurezza rende le persone, i precari politici e le precarie istituzioni, meno credibili e più gestibili. Una strategia della tensione permanente che va avanti dal Sifar del generale Di Lorenzo, e che in questo paese è la cosa più stabile degli ultimi 60 anni.
Un’ora ovviamente non basta, ma gli chiederanno qualcosa di valido per la verità storica ed attuale o si cercherà di fare un compitino burocratico che riempia qualche verbale con cui dichiarare “va tutto bene”, lo Stato è forte, ci ha messo qualche ora in più, ma dopo solo trent’anni lo ha preso, forse vivo, forse meno.
Voi ci direte, ma la verità? Quelle che cercava in quella provincia Paolo Borsellino a Marsala, Giovanni Falcone che aveva lavorato a Trapani, il Giudice Palermo che subì un attentato, il maresciallo Lombardo che non ha retto al peso delle contraddizioni dello Stato di cui portava i gradi? Arriveranno le verità da MMD, che ora somiglia ad un brand per rotocalchi e pubblicità progresso di uno Stato immaturo e spesso bugiardo?
Forse è più facile azzeccare il biglietto vincente della lotteria Italia. Messina Denaro non ha tempo da scambiare con lo Stato, come ha fatto, in maniera assolutamente poco utile, per lo Stato non per lui, Giovanni Brusca. O come vorrebbero fare i fratelli d’oro Graviano, che lanciano avvertimenti a mezzo stampa. Sarei sorpreso che il Re Mida della mafia siciliana vorrà spiegarci in quale mondo abbiamo vissuto in questa seconda Repubblica, i mandanti veri delle stragi e altri segreti che hanno riempito di tritolo la Sicilia e l’Italia.
Ne dubitiamo profondamente, verrebbero forse giù le istituzioni davanti a verità appena accennate, che per la Sicilia vanno avanti dal 1943, l’anno dello sbarco e della costruzione del futuro Stato Italiano, Atlantico a verità limitata.