L’Ue avvia una procedura contro Italia, inadempiente sulle scorie radioattive - QdS

L’Ue avvia una procedura contro Italia, inadempiente sulle scorie radioattive

redazione

L’Ue avvia una procedura contro Italia, inadempiente sulle scorie radioattive

venerdì 30 Ottobre 2020

La Commissione europea ha messo attivato oggi una procedura d’infrazione contro l’Italia, insieme all’Austria e alla Croazia, mettendole in mora per non aver ancora adottato un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi, conformemente alle norme dell’Ue, e in particolare alla direttiva 2011/70 Euratom sul combustibile esaurito degli impianti nucleari e sugli altri rifiuti radioattivi. I rifiuti radioattivi sono generati dalla produzione di elettricità nelle centrali nucleari, ma anche dall’uso, non legato all’energia, di materiali radioattivi per scopi medici, di ricerca, industriali e agricoli. Questo significa, in sostanza, che tutti gli Stati membri generano rifiuti radioattivi, che devono essere gestiti in sicurezza e stoccati in depositi e materiali che impediscano la fuoriuscita delle radiazioni.

La direttiva Ue in questione istituisce un quadro comunitario che richiede la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, per garantire un elevato livello di sicurezza e proteggere i lavoratori e il pubblico in generale dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. L’obiettivo è anche quello di evitare di imporre oneri indebiti alle generazioni future, visto che spesso questi materiali restano radioattivi per migliaia di anni.

In questo quadro, tutti i paesi dell’Ue hanno l’obbligo di elaborare e attuare programmi nazionali per la gestione di tutto il combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi generati sul loro territorio, dalla generazione allo smaltimento. Gli Stati membri erano tenuti a recepire la direttiva entro il 23 agosto 2013 e a notificare i loro programmi nazionali per la prima volta alla Commissione entro il 23 agosto 2015. Italia, Austria e Croazia, che non lo hanno fatto, hanno ora due mesi per rispondere alla messa in mora della Commissione.

In caso contrario, o in mancanza di una risposta soddisfacente, la Commissione può decidere di inviare loro un parere motivato, secondo stadio della procedura d’infrazione comunitaria che può concludersi con un ricorso alla Corte europea di Giustizia.

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