Le città d’arte sono state prese d’assalto, tutti i luoghi di cultura strapieni, gli alberghi di montagna non hanno accettato più prenotazioni, con le piste da sci intasate da una folla di gitanti.
Una curiosità è stata l’inaugurazione della pista da sci illuminata per la notte ad Aprica, in Valtellina: un grande successo.
Il clima mite ha favorito tutti i siti marini, che ci hanno fatto vedere innumerevoli bagnanti immersi nel mare blu. Per non contare che in tutti i paesini della dorsale appenninica, ma anche in quelli dei parchi siciliani la folla era irrefrenabile.
Tutti gli italiani hanno sentito il bisogno di tornare alla normalità dopo quasi tre anni di clausura e di divieti.
Ma per andare in giro ci vogliono i soldi per la benzina, per il vitto, per l’alloggio, per gli ingressi e per altre necessità.
Se un terzo degli italiani non ha rinunciato alle ferie “costose”, ve n’è almeno un altro terzo che è rimasto nella propria città, ma non ha rinunciato alla gita fuori porta o ad altri svaghi meno costosi.
Il quadro che abbiamo delineato è positivo e ci auguriamo che continui la sua evoluzione per riportare il Paese a una mentalità di crescita che consenta a tutti di star meglio.
In questo quadro, stona la voce, non solista, sulla povertà. Da più parti si continuano a sostenere cifre rilevanti dei cosiddetti poveri (forse cinque o sei milioni) ma non si danno prove scientifiche che tali dati siano veri, mentre sono basati su sondaggi che, come tutti sanno, hanno forti limiti di credibilità.
E tuttavia, la pubblica opinione è stata martellata in questi ultimi mesi con la questione dei poveri. Perché? Perché chi lo ha fatto aveva l’interesse a fotografare un Paese debole e instabile con un’estesa povertà.
Naturalmente chi ha diffuso tali notizie aveva interesse in un ritorno di consensi che potevano favorirlo nelle passate elezioni, ma anche nell’andamento dei sondaggi.
Sì, quei maledetti sondaggi che ormai rappresentano il viatico di tanta gente che fa una pessima politica in quanto basata su ciò che si pensa e non sui progetti strategici che sarebbero essenziali.
Non siamo dell’idea di dover nascondere la verità, e cioè che vi siano tante persone in stato di bisogno, ma intendiamo contrastare le menzogne strumentali e affermare quanto una popolazione sia in stato di vero bisogno oppure si nasconda per fare apparire vero tale bisogno in modo da trarne dei vantaggi.
Negli anni Trenta, Rodolfo De Angelis cantava con ironia una canzone:“ Ma… cos’è questa crisi?” Si lamenta Nicodemo della crisi lui che và; Nel casinò di Sanremo a giocare al Baccarat; Ah la crisi… e capirai la crisi… Ma cos’è questa crisi…; Lasci stare il gavazzare cerchiunpo di lavorare; E vedrà..; Che la crisi passerà! Prendeva in giro il regime che da un canto mostrava i muscoli nel far vedere che era forte militarmente, ma dall’altro cercava di nascondere la povertà che allora c’era veramente. Forse, tale canzone sarebbe d’attualità anche ai nostri giorni, ma in senso opposto.
La crisi che si è innestata nel nostro Paese non riguarda la povertà, ma il sistema produttivo, quello burocratico e tutti i cittadini. Una crisi testardamente voluta dal Governo Draghi, che si è allineato agli ordini statunitensi e ai gruppi forti europei, primi fra i quali Francia e Germania.
Quando scoppiò la guerra con la barbarica invasione dei carri armati russi nel territorio ucraino bisognava prendere decisione ferma nel sostenere quel Popolo con gli armamenti, ma l’avere emanato sanzioni economiche nei confronti della Russia è stata una decisione improvvida perché ci è arrivata di ritorno la bomba dell’inflazione e fra poco quella della recessione, di cui avremmo volentieri fatto a meno.
Ma ormai il Dado è tratto. Si tratta di vedere come sia possibile fronteggiare la crisi energetica, che è costata al Governo precedente e all’attuale oltre cinquanta miliardi, ma le cui risorse per fronteggiarla si esauriranno il 31 marzo.
Ci auguriamo che si ritorni presto alla normalità, a prescindere dall’esito della guerra russo-ucraina.