Oggi, 4 giugno presso il Palazzo di Giustizia di Palermo, prende il via il processo che vede rinviati a giudizio 13 persone a seguito dell’indagine “Alastra”.
Si può considerare senza timore di smentita uno dei più importanti processi per mafia che si celebra negli ultimi anni, anche in virtù del fatto che ha portato all’arresto di 13 persone ritenute a vario titolo responsabili di associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, corruzione, atti persecutori, furto aggravato e danneggiamento.
Il processo è scaturito dall’inchiesta denominata “Alastra”, sviluppata e portata a termine dai Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo e le cui indagini sono state seguite dal pool di magistrati coordinati dal Procuratore aggiunto Salvatore De Luca.
Le indagini hanno appurato il coinvolgimento di alcuni esponenti della famiglia mafiosa di San Mauro Castelverde. Tra i rinviati a giudizio compaiono, tra l’altro, diversi esponenti della famiglia Farinella, considerati i cervelli della mafia in Sicilia, il suo braccio economico, padroni di numerosi alberghi in Italia, uno dei più grandi della Sicilia, una struttura alberghiera nella quale si sono celebrati eventi di una certa importanza, tra questi i matrimoni di noti mafiosi.
La richiesta di rinvio a giudizio è stata firmata lo scorso 30 aprile dai pm Gaspare Svedale e Bruno Brucoli con il visto del Procuratore della Repubblica Aggiunto Salvatore De Luca. Oggi, quindi, presso il Palazzo di Giustizia di Palermo il via al processo nei confronti di Alberti Antonio, Anzalone Rosolino, Cintura Vincenzo, Di Maggio Giuseppe Antonio, Farinella Giuseppe, Farinella Domenico, Forestieri Arianna, Pullarà Francesca, Rizzuto Francesco, Scialabra Giuseppe, Spinnato Gioacchino, Venturella Mario e Rubbino Giuseppe.
Tra le parte civili che si sono costituite al processo ci saranno il Coordinamento siciliano di “Sos Impresa – Rete per la Legalità”, “Sos Impresa Palermo” e l’associazione antiracket “ACIS” di Sant’Agata di Militello che tuteleranno quattro delle vittime, il Centro Studi ed Iniziative Culturali Pio La Torre Onlus e diversi amministrazioni comunali del messinese.
Abbiamo sentito il vice presidente vicario nazionale di “Sos Impresa – Rete per la Legalità”, Pippo Scandurra (nella foto) e gli abbiamo chiesto di parlarci di quanto è successo.
“Da diverso tempo, in quel territorio, – ha esordito Scandurra – avvenivano degli attentati. Il primo passo fu avvicinare un grosso imprenditore che era stato oggetto di minacce, attentati e richieste di pizzo. Si tratta di un imprenditore con più di 150 dipendenti. Inizialmente era, ovviamente, intimidito da quanto stava succedendo ma, anche grazie ai Carabinieri e al capitano di Mistretta. Il passaggio fondamentale è stato quando l’imprenditore ha capito che la denuncia sarebbe stata, per lui, un atto di libertà e si è recato spontaneamente a sporgere denuncia ed è stato sentito dal Nucleo operativo dell’Arma dei Carabinieri di Monreale”.
“Di fatto – ha aggiunto Scandurra – l’Arma dei Carabinieri aveva già aperto un’indagine, all’interno della quale sono confluite le sue denunce e questo ha permesso di stringere il cerchio attorno alle famiglie mafiose responsabili di quanto stava avvenendo. A lui si è aggiunto un altro imprenditore cui avevano bruciato alcuni mezzi, poi un altro che era stato costretto ad allontanarsi dalla sua azienda e a cederla dopo aver subito violenze e a loro si sono aggiunti gli altri. Questi imprenditori erano già soci dell’Associazione antiracket di Sant’Agata di Militello. La collaborazione di queste vittime ha permesso di ottenere risultati importanti nell’inchiesta, risultati che hanno portato, appunto, al rinvio a giudizio di 13 persone. Ci sono anche altri imprenditori che hanno denunciato anche grazie all’importante contributo sul territorio palermitano di Addio Pizzo”.
Quanto è importante denunciare? “Denunciare è importante – ha proseguito – ma ancor di più lo è il fatto che gli imprenditori non vengano lasciati soli. Vanno seguiti non solo dal punto di vista legale ma anche da quello fiscale, vista la possibilità di poter essere risarciti dalla Legge 44/1999 la quale prevede che ‘ai soggetti danneggiati da attività estorsive’ possa essere ‘elargita una somma di denaro a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subito’ per gli eventi dannosi verificatisi nel territorio dello Stato. Si tratta di uomini e donne che hanno dato tutto. Hanno superato la paura, la disperazione, la rabbia e le lacrime. Hanno bisogno di essere ascoltati e di potersi fidare di nuovo. Devono sapere che il percorso non è terminato e verrà il giorno in cui dovranno comparire nell’aula di tribunale e alzare il dito per puntarlo contro i loro estorsori”.
“Più che mai, in quel momento, – ha concluso Scandurra – si guarderanno attorno e vedranno che noi saremo lì e che, contrariamente a quanto succedeva negli anni ’90, noi saremo numericamente più presenti e forti di quanto non lo siano gli estorsori”.
Nei primi mesi del 2021, le denunce nei confronti degli estorsori sono cresciute. Esempio per molti imprenditori è stato il gesto di Giuseppe Condorelli, titolare dell’omonima società e, grazie alla sua denuncia sono scattati 40 arresti che hanno permesso di sgominare tre gruppi criminali.
Proprio nelle province di Messina e Catania altri imprenditori hanno trovato il coraggio di denunciare. Dall’inizio dell’anno a oggi sono oltre trenta le imprese che hanno deciso di denunciare casi di usura e di estorsione.
Roberto Greco