Mafia, blitz Persefone a Bagheria, sventato anche un omicidio - QdS

Mafia, blitz Persefone a Bagheria, sventato anche un omicidio

redazione web

Mafia, blitz Persefone a Bagheria, sventato anche un omicidio

lunedì 13 Settembre 2021

Otto fermi, compreso quello di Massimiliano Ficano, il nuovo boss, nell'operazione dei Carabinieri che ha dato un duro colpo ai clan locali. Il delitto ordinato per vendicare un affronto al capomafia

Un omicidio di mafia è stato sventato grazie all’operazione Persefone dei Carabinieri che ha smantellato il clan di Bagheria, nel Palermitano, da sempre roccaforte di Cosa Nostra.

Otto i fermati tra cui Massimiliano Ficano, ritenuto il nuovo capo della famiglia di Bagheria.

Un uomo, nonostante gli “avvertimenti”, aveva continuato a sfidare i vertici mafiosi e, per evitare che venisse eliminato, i militari del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia nei confronti di otto indagati.

Accusati inoltre, a vario titolo, di associazione mafiosa e finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e vendita di armi clandestine, estorsione, lesioni aggravate, maltrattamenti, reati aggravati dalle modalità mafiose.

I nomi dei fermati

I fermati nell’operazione Persefone sono, oltre a Massimiliano Ficano, 46 anni, Onofrio Catalano, 44 anni, Bartolomeo Antonino Scaduto, 26 anni, Giuseppe Cannata, 37 anni, Giuseppe Sanzone, 54 anni, Salvatore D’Acquisto, 40 anni, Carmelo Fricano, 73 anni, Fabio Tripoli, 31 anni.

Omicidio ordinato per vendicare un affronto

Secondo quanto accertato dai Carabinieri, l’autorità del boss di Bagheria Massimiliano Ficano sarebbe stata messa in discussione da Fabio Tripoli, secondo le indagini dei carabinieri.

Tripoli, apparentemente estraneo al contesto mafioso, ubriaco e spesso intemperante, si era permesso di sfidare pubblicamente il capo mafia e la reazione contro l’affronto non era tardata: Ficano avrebbe incaricato alcuni affiliati di picchiare Tripoli. Un violento pestaggio che provocò alla vittima un trauma cranico e la frattura della mano.

Nonostante l’aggressione Tripoli avrebbe tuttavia continuato a sfidare il capo mafia armandosi con una accetta e dicendo in giro di essere intenzionato a dare fuoco a un locale inaugurato dallo stesso Ficano.

Lo scanniamo come un vitello

Un affronto che il boss decise di lavare con il sangue. Per cercare di costruirsi un alibi, dopo aver dato l’ordine di uccidere il “ribelle”, il boss si allontanò da Bagheria, anche per prepararsi alla fuga visto il pericolo di essere arrestato.

“Lo portiamo in campagna e lo scanniamo come un vitello” si legge nelle intercettazioni.

Ficano il nuovo capo della cosca

Le indagini dei Carabinieri hanno accertato il passaggio del comando della famiglia di Bagheria da Onofrio Catalano (detto Gino) a Ficano, che aveva l’appoggio e il forte legame con il capomafia ergastolano Onofrio Morreale.

Il boss si vantava con i suoi fedelissimi di essere stato iniziato nell’ organizzazione dai mafiosi vicini a Bernardo Provenzano che in passato si erano occupati della latitanza del padrino corleonese.

I Carabinieri del nucleo investigativo – attraverso intercettazioni ambientali, telefoniche, telematiche e veicolari – hanno delineato il nuovo organigramma della famiglia mafiosa.

L’investitura sarebbe avvenuta con il placet dell’allora capo mandamento Francesco Colletti, arrestato nell’operazione Cupola 2.0 e ora collaboratore di giustizia.

Ficano, che si vantava della sua tradizione familiare, aveva scontato una condanna definitiva per associazione mafiosa e, approfittando del vuoto di potere, aveva preso il comando anche con metodi violenti.

Imprenditore edile “prestanome” dei boss

Nel corso delle indagini sarebbe emerso inoltre il ruolo dell’anziano imprenditore edile Carmelo Fricano (detto “Mezzo chilo”), ritenuto vicino alla famiglia mafiosa di Bagheria e in particolare allo storico capo mandamento detenuto Leonardo Greco.

In passato, infatti, diversi collaboratori di giustizia hanno indicato Fricano quale “prestanome” di Greco, e inserito nell’associazione mafiosa.

Le indagini hanno consentito di raccogliere una serie di elementi nei confronti dell’imprenditore edile adesso indagato per associazione di tipo mafioso.

Magistratura e Carabinieri

L’inchiesta è coordinata da un pool di magistrati con a capo il procuratore aggiunto Salvatore De Luca.

I militari sono riusciti a ricostruire gli interessi dell’organizzazione nel traffico e spaccio di stupefacenti, nella gestione dei centri scommesse e nelle estorsioni.

Nel corso delle indagini è stato accertato che il capo della famiglia mafiosa aveva disponibilità di armi ed è stato anche individuato un imprenditore edile, ritenuto storico prestanome dei vertici della famiglia mafiosa.

Estorsioni e droga per sostenere famiglie dei detenuti

La famiglia mafiosa di Bagheria, secondo gli investigatori, controllava tutto e dirimeva i contrasti tra i commercianti. Onofrio Catalano è accusato di avere compiuto un’estorsione ai danni dei titolari di un panificio che vendeva oltre al pane anche dolci. Un’attività che danneggiava il titolare di un bar che si trovava nei pressi. In un’intercettazione un indagato affermava con un suo stretto collaboratore, che i soldi della gestione di centri scommesse e dal traffico di sostanze stupefacenti erano fondamentali per sostenere le familiari dei detenuti.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017