Mafia e caso Siri, 25 aprile al veleno per Lega e M5s - QdS

Mafia e caso Siri, 25 aprile al veleno per Lega e M5s

Patrizia Penna

Mafia e caso Siri, 25 aprile al veleno per Lega e M5s

giovedì 25 Aprile 2019

Di Maio: “Bisogna dare l’esempio, non andare a Corleone” e chiede nuovamente le dimissioni del sottosegretario leghista. Salvini dalla Sicilia: “Resta dov’è”

PALERMO – Il 25 aprile, Festa della Liberazione non ha mai conosciuto probabilmente un tale fermento politico come quello che ha caratterizzato la giornata di ieri.

La tensione nella maggioranza è arrivata alle stelle e da Roma a Corleone, dove proprio ieri il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha inaugurato un nuovo commissariato di Polizia, i “botta e risposta” a distanza tra Lega ed M5s si sono succeduti a ritmi a dir poco frenetici.

Il ministro dell’Interno è stato accolto nel piazzale dal capo della polizia Franco Gabrielli, dal prefetto di Palermo Antonella De Miro e dal questore di Palermo Renato Cortese. Monsignor Michele Pennisi ha celebrato la benedizione del commissariato.

Ma quella di ieri non è stata proprio una “giornata di unione e pacificazione”, come auspicato da Salvini e non è bastato neanche che lo stesso spiegasse di aver scelto Corleone solo “per dire ai giovani che vince lo Stato” e che “Voglio liberare l’Italia da tutti gli estremismi di destra, di sinistra, islamici: da tutti. Gli estremismi non vanno mai bene. Voglio tranquillizzare non torneranno né comunismo, né fascismo, né nazismo”.

Direttamente dalla sinagoga romana di via Balbo, dove l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, si trovava per le celebrazioni del 25 aprile, è arrivato l’affondo dell’alleato di governo grillino: “La mafia la elimini se tu dai l’esempio, non se vai a Corleone”.

Strascichi di polemiche anche sul caso Siri. “Siri si difenderà – ha continuato Di Maio – sono sicuro che risulterà innocente ma intanto lavoriamo alla questione morale, alla sanzione politica. Altrimenti che senso ha dire che si festeggia a Corleone, dicendo che si vuole eliminare la mafia”.

Ma il sottosegretario leghista, Armando Siri, indagato per corruzione, non si tocca. “Ho parlato con Siri – ha spiegato Salvini – gli ho chiesto sei tranquillo? Mi ha risposto di sì, e allora sono tranquillo pure io. In un Paese civile se si indaga qualcuno bisogna ascoltarlo un’ora dopo no una settimana dopo. Siri resta dov’é? Ci mancherebbe”.

Salvini, dunque, non arretra di un millimetro e rilancia: “Stamattina (ieri per chi legge, ndr) ho letto in un giornale che le intercettazioni non esisterebbero. Se così fosse sono sicuro che giudici, magistrati e avvocati faranno bene e in fretta il proprio lavoro”.

Il riferimento del ministro è a un articolo del quotidiano La Verità che in prima pagina titola: “Falsa l’intercettazione contro Siri”. E ancora: “La frase di Arata al figlio che inchioderebbe il sottosegretario (‘Questa operazione ci è costata 30.000 euro, destinati a Siri per modificare i provvedimenti legislativi’) non esiste nel fascicolo e negli audio”. Nell’articolo si sottolinea anche la reazione degli inquirenti romani: “Le intercettazioni sui giornali? Sono false. Quelle frasi non esistono nel fascicolo”.

Di Maio insiste: “Siri deve dimettersi da sottosegretario”. Ma a quel punto Salvini, “in modalità zen”  abbadona ogni tentazione di replicare all’ennesima “provocazione”: “Mi sono impegnato a non rispondere sulle polemiche, sono in modalità zen. La polemica politica la lascio agli altri”. E per lui, a partire da quel momento solo selfie e bagni di folla. E una promessa: “Torno il 23 maggio, verrò a Palermo e nell’occasione prenderemo un caffè insieme”. Così il vicepremier, rivolgendosi a Vincenzo Agostino, padre dell’agente Nino assassinato trent’anni fa dalla mafia, assieme alla moglie incinta.

Patrizia Penna
Twitter: @PatriziaPenna

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