Mafia, fermato Antonello Nicosia, esponente radicale e messaggero per i boss detenuti - QdS

Mafia, fermato Antonello Nicosia, esponente radicale e messaggero per i boss detenuti

redazione

Mafia, fermato Antonello Nicosia, esponente radicale e messaggero per i boss detenuti

lunedì 04 Novembre 2019

Entrava nelle carceri dicendosi collaboratore di una parlamentare. Non era solo un portaordini ma era in società con i boss. Intercettato mentre insultava Falcone, inneggiava a Messina Denaro e progettava omicidi. Cinque i provvedimenti della Procura di Palermo per associazione mafiosa e favoreggiamento. Uno ha colpito il capomafia di Sciacca Accursio Dimino, fedelissimo del superlatitante

La Procura della Repubblica di Palermo ha fermato cinque persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa e favoreggiamento.

In carcere, tra gli altri, sono finiti il capomafia di Sciacca Accursio Dimino e Antonello Nicosia, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani per anni impegnato in battaglie per i diritti dei detenuti. Gli altri tre fermati sono Paolo Ciaccio, Luigi Ciaccio e Massimiliano Mandracchia, accusati di favoreggiamento.

Insieme a una parlamentare di cui si sarebbe detto collaboratore Nicosia ha incontrato diversi boss detenuti e, secondo la Procura avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all’esterno messaggi e ordini.

L’inchiesta, condotta da Ros e Gico, è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara e Francesca Dessì.

Fermati perché stavano per fuggire negli Usa

Dimino e Nicosia stavano per fuggire negli Usa e proprio il pericolo che facessero perdere le loro tracce ha spinto i magistrati a disporne il fermo.

“Ah quella dell’America sì”, diceva Nicosia non sapendo di essere intercettato.

“Vediamo di accelerare così me ne vado che non si può stare più … con il caldo che c’è ok?”; rispondeva il boss alludendo alle pressioni delle forze dell’ordine.

“Un paio di giorni lunedì e martedì, chiudo sti progetti e poi me ne vengo a Roma perché poi l’altra settimana ancora vado in California, già ho fatto il biglietto”, dice Nicosia sempre al boss.

Non solo portaordini ma società con i boss

Sostenendo di essere collaboratore della deputata – ma il rapporto era durato solo quattro mesi – Nicosia era riuscito ad avere incontri in carcere con padrini mafiosi.

Nelle conversazioni intercettate, l’esponente radicale sottolineava il vantaggio di entrare negli istituti di pena insieme alla deputata in quanto questo genere di visite non erano soggette a permessi.

Nicosia, secondo i magistrati, non si sarebbe limitato a fare da tramite tra i detenuti e le cosche, ma avrebbe gestito business in società con il boss di Sciacca Dimino, con cui si incontrava abitualmente, fatto affari coi clan americani e riciclato denaro sporco.

Da alcune intercettazioni emergerebbero anche progetti di omicidi.

Nicosia uomo onore tra impegno civile-clan

Direttore dell’Osservatorio Internazionale dei diritti umani (Oidu), pedagogista, laureato in Scienze della Formazione multimediale con una tesi sul “Trattamento penitenziario, ascoltare e progettare per rieducare sorvegliare e rieducare, l’esperienza carcere”, Antonello Nicosia, originario di Sciacca, è stato eletto per due anni (2017-2018) come componente del Comitato Nazionale dei Radicali Italiani.

Per i pm sarebbe vicino all’ala di Cosa nostra che fa riferimento al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Nel curriculum allegato al sito dell’Oidu elenca esperienze nella formazione professionale in particolare nella progettazione di corsi per svantaggiati sociali e disoccupati. Sempre nel curriculum si dice “assistente parlamentare” e “docente a contratto nella scuola pubblica come esperto nei corsi Pon”.

Nel 2011 è stato coordinatore del progetto “La Tavola Multiculturale” attività a favore della formazione e dell’integrazione degli immigrati.

Nicosia indica tra i suoi titoli quello di ricercatore presso l’Invalsi, Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, e quello di insegnante di Storia della mafia nell’Università della California.

Per i pm Nicosia, “Pienamente inserito nei clan”

Per i magistrati sarebbe “pienamente inserito nell’associazione mafiosa”.
Chiedeva al clan di intervenire per riscuotere crediti, partecipava a summit con fedelissimi del boss Matteo Messina Denaro.

In uno degli incontri con gli uomini d’onore del clan di Sciacca, tenuto a Porto Empedocle a febbraio 2019, avrebbe parlato di una somma di denaro da far avere al capomafia latitante.

I magistrati hanno rivelato che Nicosia. sfruttando il rapporto di collaborazione con l’inconsapevole deputata Giusy Occhionero, aveva partecipato a ispezioni nelle carceri di Sciacca, Agrigento, Trapani e Tolmezzo (Udine) incontrando diversi boss offrendosi di portare messaggi tra boss detenuti e Cosa nostra.

Nicosia era riuscito a evitare la preventiva autorizzazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sfruttando le norme sull’ordinamento carcerario riservate ai membri del Parlamento e ai loro accompagnatori.

Dall’inchiesta emerge il coinvolgimento di Nicosia in un progetto relativo alle carceri che, scrivono gli inquirenti, “interessava direttamente il capomafia latitante”.

In cambio Nicosia si aspettava di ricevere “un ingente finanziamento non ritenendo sufficienti i ringraziamenti che diceva di avere ricevuto dallo stesso ricercato”.

Nicosia si sarebbe speso per aiutare detenuti del calibro di Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro, detenuto a Tolmezzo al 41bis.

Nicosia e i pesantissimi insulti a Giovanni Falcone

Insulti pesantissimi a Giovanni Falcone che, la cui morte viene definita “incidente sul lavoro” e che “da quando era andato al ministero della Giustizia più che il magistrato faceva il politico”.

Un linguaggio volgare quello usato da Antonello Nicosia, intercettato per mesi dal Ros e dal Gico della Finanza.

Parlando al telefono, dava giudizi sprezzanti sul giudice ucciso dalla mafia a Capaci nel 1992.

Messina Denaro definito “Il nostro primo ministro”

Per contro, Nicosia definiva il boss Matteo Messina Denaro “il nostro Primo ministro”. Non sapendo di essere intercettato, l’esponente Radicale parlava della Primula rossa di Cosa nostra come del suo premier.

Al telefono discuteva animatamente del padrino di Castelvetrano. E invitava il suo interlocutore parlare con cautela di Messina Denaro.

“Non devi parlare a matula (a vanvera, ndr)”, diceva.

Dimino, boss fedelissimo di Messina Denaro

E proprio un fedelissimo di Messina Denaro è Accursio Dimino, 61 anni, scarcerato nel 2016 dopo due condanne per associazione mafiosa interamente scontate, e che, appena uscito di galera era tornato al suo posto al vertice della famiglia mafiosa di Sciacca.

Amico fedele della famiglia del latitante Matteo Messina Denaro, appena lasciata la cella è tornato a essere pedinato e intercettato dalle forze dell’ordine che in tre anni di indagine hanno accertato come non avesse perso nulla del suo ruolo di capo.

In affari anche con la mafia americana

Estorsioni, business con la mafia americana, riciclaggio, Dimino è tornato in affari dunque subito dopo la liberazione.

Nel 2010 la Dia gli aveva sequestrato beni per oltre un milione.

Nel 1996 era stato condannato a dieci anni di reclusione per associazione mafiosa, detenzione illecita di armi e danneggiamento.

Prima di essere arrestato, la prima volta, nel 1993, insieme ai fratelli gestiva un’attività di commercio di prodotti ittici e faceva il docente di educazione fisica in diversi istituti scolastici statali.

Scarcerato il 12 aprile 2004 e ritornato a Sciacca, Dimino, secondo gli inquirenti aveva ripreso i suoi contatti con i boss.

Il quattro luglio 2008, è finito di nuovo in cella, nell’ambito dell’operazione “Scacco matto”, sempre con l’accusa di associazione mafiosa finalizzata ad acquisire la diretta gestione di attività economiche ed appalti di opere pubbliche nel settore edile e turistico-alberghiero, il controllo della fornitura di calcestruzzo, automezzi e manodopera specializzata.

Nell’indagine sono emersi scambi di “pizzini” tra Dimino e il boss latitante Matteo Messina Denaro.

Nel 2010 era stato condannato dal gup di Palermo a undici anni e otto mesi di reclusione.

La deputata, non indagata, sarà sentita come testimone

La Procura ha reso noto che la deputata coinvolta, Giuseppina Occhionero, di 41 anni, molisana, non è indagata ma sarà sentita come testimone.

La Occhionero, avvocato, è stata eletta alle ultime elezioni politiche nelle liste di Leu ed è recentemente passata a Italia Viva.

Giuseppina Occhionero, ringrazio la magistratura

“Ringrazio – ha dichiarato la deputata – la magistratura e le forze dell’ordine per lo straordinario lavoro di contrasto alla mafia. Da ciò che emerge dalle notizie riportate sui giornali quello che diceva e scriveva Nicosia era ben lontano dalla verità, arrivando a veicolare messaggi mafiosi per conto dei detenuti. Quello che si legge nelle intercettazioni è comunque vergognoso e gravissimo”.

“La collaborazione con me – ha sottolineato – è durata solo quattro mesi ed era nata in virtù del suo curriculum, in cui si spacciava per docente universitario oltre che di studioso dei diritti dei detenuti. Non appena ho avuto modo di rendermi conto che il suo curriculum e i suoi racconti non corrispondevano alla realtà ho interrotto la collaborazione”.

“Sono profondamente amareggiata – ha concluso – e mi auguro che la giustizia faccia il suo corso nel più breve tempo possibile. Pur essendo del tutto estranea alla vicenda sono comunque a disposizione della magistratura per poter fornire ogni elemento che possa essere utile”.

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