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Mafia, Palermo si ribella al pizzo, dieci persone arrestate in un blitz

redazione web

Mafia, Palermo si ribella al pizzo, dieci persone arrestate in un blitz

martedì 23 Giugno 2020

Con l'operazione Timeo dei Carabinieri un duro colpo al mandamento di San Lorenzo e di Tommaso Natale grazie alla rivolta degli imprenditori. Torna in carcere il boss Caporrimo. Un pittoresco spaccato dei costumi mafiosi, dalle "messe a posto" delle ditte ai baci in bocca del boss a uno dei suoi collaboratori più stretti

I Carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari emessa dal gip del Tribunale, su richiesta Dda, nei confronti di dieci persone accusate a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate, furto aggravato, violazione delle prescrizioni imposte dalle misure preventive.

L’operazione Timeo (temo), portata a termine da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, rappresenta un nuovo colpo nei confronti del mandamento mafioso di Palermo di San Lorenzo e Tommaso Natale che ha fatto tornare di nuovo in carcere il boss Giulio Caporrino, uscito dal carcere nel 2019 e che, secondo gli investigatori, aveva ripreso il controllo del mandamenti.

L’indagine è la prosecuzione delle operazioni Oscar (2011), Apocalisse (2014) e Talea (2017) che avevano portato in carcere capi e gregari del mandamento con Francesco Paolo Liga (figlio dello storico boss Salvatore Liga, detto “‘u Tatenuddu”), poi affiancato, a partire dalla sua scarcerazione avvenuta nell’ottobre 2015, da Giuseppe Biondino (figlio di Salvatore, l’autista di Totò Riina), arrestato di nuovo nel gennaio 2018.

Tutti i nomi degli arrestati

Gli arrestati nel blitz (nove in carcere e uno ai domiciliari) sono Vincenzo Billeci, 51 anni, Andrea Bruno, 52 anni, Giulio Caporrimo, 51 anni, Francesco Di Noto, 31 anni, Andrea Gioé, 52 anni, Baldassarre Migliore, 53 anni, Vincenzo Taormina, 48 anni, ai domiciliari, Giuseppe Enea, 30 anni. Già detenuti Francesco Paolo Liga, 56 anni e Nunzio Serio, 43 anni.

L’operazione Timeo ha preso il via dal controllo delle attività di Vincenzo Taormina, imprenditore del settore movimento terra, ritenuto particolarmente vicino a Francesco Paolo Liga reggente non sempre ben visto dagli affiliati.

Questi ultimi, secondo gli investigatori, riponevano grandi aspettative nella scarcerazione nel febbraio 2017 di Giulio Caporrino e poi di Nunzio Serio e di altri affiliati arrestati nell’operazione Oscar.

I due erano venerati e ossequiati per la loro capacità di comando, il carisma e l’influenza nella dinamiche mafiose (“l’hai sentita la buona notizia? E’ uscito Giulio, è uscito”).

Gli equilibri mafiosi si sarebbero così spostati immediatamente in favore dello stesso Giulio Caporrino e di Nunzio Serio, con un evidente ridimensionamento di Francesco Paolo Liga, senza che questi venisse comunque esautorato.

L’operazione nata dalla ribellione di alcuni imprenditori

Le indagini dei Carabinieri sfociate nell’operazione antimafia Timeo sono scattate in seguito alla denuncia di due imprenditori edili che si sono ribellati al pizzo.

L’inchiesta ha ricostruito sette vicende estorsive consumate o tentate di cui due denunciate spontaneamente dalle vittime. Tra questi il tentativo di Vincenzo Taormina, con la complicità di Francesco Di Noto, di imporre la fornitura di container per sabbia a un imprenditore edile, per poi costringerlo al pagamento di mille euro per i lavori di ristrutturazione di uno stabile a Sferracavallo.

Una tentata estorsione da parte di Francesco Paolo Liga e di Vincenzo Taormina nei confronti di un altro imprenditore edile affinché affidasse a un soggetto a loro vicino la realizzazione degli impianti di condizionamento all’interno di un cantiere aperto in via Partanna Mondello di Palermo.

Una seconda estorsione condotta da Francesco Paolo Liga e da Vincenzo Taormina ai danni di un imprenditore edile, la cui impresa era impegnata in lavori di ristrutturazione all’interno di un residence ubicato in via Tommaso Natale, con la complicità e la mediazione del portiere, Giuseppe Enea.

Andrea Bruno avrebbe poi costretto un imprenditore edile a rinunciare ai lavori di ristrutturazione di un immobile, nella zona della Marinella di Palermo, poi assegnati a una ditta a lui riconducibile.

Registrato anche il tentativo di Baldassare Migliore, imprenditore edile ed esponente della famiglia mafiosa di Passo di Rigano di bloccare l’avvio dei lavori di scavo nella zona di via Michelangelo di Palermo da parte di una ditta edile, il cui titolare avrebbe dovuto cercare dapprima un contatto con gli esponenti mafiosi del territorio per la cosiddetta “messa a posto”.

Infine, il furto aggravato commesso da Vincenzo Taormina, quale forma di avvertimento e di intimidazione mafiosa, di un container collocato dalla vittima in via Plauto, e un’altra estorsione commessa da Vincenzo Taormina ai danni di un imprenditore edile, la cui impresa aveva aperto un cantiere in via Porta di Mare di Palermo.

Tornato in carcere il boss Camporrimo

La figura centrale è dunque quella del boss Giulio Caporrino, tornato in carcere oggi per le terza volta in tre anni.

La libertà d’azione del capomafia, in pratica, sarebbe durata solo sette mesi perché nel settembre 2017, dopo il primo arresto, era stato destinatario di un nuovo provvedimento restrittivo; da quel momento in poi, le redini del mandamento mafioso sarebbero state prese da Nunzio Serio, anche lui poi arrestato nel maggio 2018.

Proprio in quel mese si sarebbe riunita per la prima volta dopo l’arresto di Salvatore Riina, la ricostituita commissione provinciale di cosa nostra palermitana, con la partecipazione di Calogero Lo Piccolo, nuovo rappresentante del mandamento di Tommaso Natale.

Un pittoresco spaccato dei costumi mafiosi

Ma anche lui fu poi arrestato nel gennaio 2019 nell’operazione Cupola 2.0, nel corso della quale finirono in carcere ben sei capi mandamento, compreso Settimo Mineo che avrebbe dovuto assumere la carica di responsabile provinciale.

Nel corso delle indagini le telecamere e le microspie dei Carabinieri immortalarono diversi incontri tra Caporrimo e Serio, avvenuti, in alcune occasioni, anche al largo delle coste palermitane, sui rispettivi gommoni.

Uno spaccato anche pittoresco dei “costumi” mafiosi visto che le microspie registrarono che il primo si lamentava per la presenza delle moto d’acqua che scorrazzavano nei pressi di Sferracavallo.

Il capomafia raccontava di essere intervenuto personalmente nei confronti di alcuni di loro, originari dei quartieri di Brancaccio e di Pagliarelli, i quali, riconoscendolo, avevano tenuto un comportamento ossequioso tanto da essersi subito spostati sulla zona di Mondello perché a Sferracavallo “c’era lo zio in porto”.

Documentato anche, con una foto, un bacio in bocca tra due mafiosi: a conclusione di un incontro su una “messa a posto” di una ditta, Camporrimo bacia uno dei suoi collaboratori più stretti, nel rispetto di un’antico rituale ancora radicato in Cosa nostra.

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