Mafia, quando il marito non c'è... è la moglie a chiedere il pizzo - QdS

Mafia, quando il marito non c’è… è la moglie a chiedere il pizzo

redazione

Mafia, quando il marito non c’è… è la moglie a chiedere il pizzo

lunedì 05 Ottobre 2020

Carabinieri di Catania hanno arrestato 18 persone e fermato altre due per estorsione aggravata nei confronti di due imprenditori etnei. Erano arrivati a chiedere 1.500 euro al mese di pizzo. Anche le donne coinvolte nel racket

CATANIA – Carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania hanno arrestato 18 persone, in esecuzione di un provvedimento del Gip, e fermate altre due nell’ambito di un’inchiesta su estorsione aggravata dal metodo mafioso della Dda della Procura etnea. Tra i destinatari del provvedimento ci sono esponenti apicali ed affiliati del gruppo di San Giovanni Galermo e del clan Assinnata di Paternò, tutti inseriti nella ‘famiglia’ di Cosa nostra catanese Santapaola- Ercolano, attiva nel capoluogo e in tutta la provincia etnea.

Le indagini, avviate lo scorso aprile dopo la denuncia di una vittima, hanno ribadito la consolidata prassi del clan Santapaola della sottoposizione di commercianti ed imprenditori al pagamento del “pizzo” in cambio di protezione mafiosa. Le indagini, svolte nel minor tempo possibile al fine di tutelare le persone offese, hanno confermato le richieste estorsive della frangia operante nel quartiere San Giovanni Galermo di Catania nei confronti di due imprenditori, padre e figlio, proprietari di una nota catena di supermercati, che ha visto avvicendarsi nel corso degli anni molteplici personaggi, tutti affiliati di spicco alla ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano.

Le vittime, inizialmente titolari di un punto vendita aperto nel 2001 ad Aci Sant’Antonio, furono avvicinate da esponenti del gruppo che offrirono la loro “protezione” in cambio di denaro, con la minaccia che, in mancanza, avrebbero fatto saltare in aria il supermercato. Gli imprenditori iniziarono così a pagare mensilmente 350 euro al mese, ‘pizzo’ lievitato nel tempo a 700, 1.000 ed infine a 1.500 euro dopo l’apertura di altri due punti vendita situati a Valcorrente (Belpasso) e Misterbianco e un Bar Tabacchi nel quartiere di San Giorgio a Catania. Le vittime erano inoltre costrette a versare altre somme di denaro, tra i 500 ed i 1.500 euro, per le feste di Pasqua e Natale.

L’operazione ‘Jukebox’ conferma il ruolo delle donne ai vertici di gruppi criminali legati a Cosa nostra. Nel racket, infatti, erano coinvolte anche le “mogli” che, quando i mariti si trovavano in carcere, li sostituivano come esattrici nel riscuotere il ‘pizzo’. In particolare, ricostruisce la Procura distrettuale etnea, Rita Spartà e sua sorella Francesca, mogli di Salvatore Gurrieri e Salvatore Basile, esponenti del gruppo, “erano state incaricate dalla consorteria di provvedere a ritirare il pizzo, mentre Maria Antonietta Strano (per cui sono stati riconosciuti dal Gip i gravi indizi di colpevolezza ma non le esigenze cautelari), moglie di Roberto Marino, riceveva nella sua abitazione le rate estorsive”.

Dopo una pausa forzata nei versamenti da parte delle vittime dovuta al lockdown per il Covid-19, è emerso dalla indagini dei carabinieri, era stata proprio Francesca Spartà, subito dopo lo scorso ferragosto, a recarsi in uno dei punti vendita chiedendo alla vittima di riprendere subito i pagamenti e il versamento degli arretrati. La donna avvisò il titolare dell’esercizio commerciale che da quel momento non era più protetto da rapine e danneggiamenti. Il giorno successivo lo stesso supermercato aveva subito una rapina da tre banditi con il volto coperto ed armati di pistola.

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