Mafia, una valanga di arresti nell'operazione Jungo - QdS

Mafia, una valanga di arresti nell’operazione Jungo

redazione web

Mafia, una valanga di arresti nell’operazione Jungo

martedì 26 Maggio 2020

Dal nome del popoloso quartiere di Giarre. E' stata condotta dai Carabinieri tra Catania, Messina, Trapani e Rimini. In carcere quarantasei persone, disarticolato il clan Brunetto, legato a Cosa nostra ed egemone nell'area Jonica. La schedatura dei votanti

Maxioperazione antimafia dei Carabinieri del Comando provinciale di Catania nella provincia etnea e anche a Messina, Trapani e Rimini.

Una vera valanga di arresti quella dei militari, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di quarantasei persone.

Nel corso dell’operazione, denominata Jungo, sono stati effettuati anche sequestri preventivi.

Sequestrati anche armi e droga.

Il maxiblitz ha portato a disarticolare il clan Brunetto, legato a Cosa nostra rappresentata dalla famiglia Santapaola-Ercolano.

La “famiglia” dei Brunetto era egemone in gran parte dell’area Jonica Etnea.

Il provvedimento è stato emesso dal gip su richiesta della Procura distrettuale di Catania.

Nell’ordinanza si ipotizzano, a vario titolo i reati di associazione mafiosa, traffico e a spaccio di sostanze stupefacenti ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Pm, il clan Brunetto egemone per droga ed estorsioni

Sono 46 le persone destinatarie del provvedimento cautelare emesso dal Gip di Catania, su richiesta della Dda etnea, per l’operazione Jungo.
I carabinieri hanno arrestato 38 persone, notificato l’ordinanza cautelare in carcere ad altre sei già detenute e poste ai domiciliari due indagati.

Il provvedimento, spiega una nota della Procura distrettuale di Catania, trae origine da una complessa indagine condotta dalla compagnia carabinieri di Giarre, anche con attività tecniche e dinamiche, ulteriormente riscontrate da dichiarazioni di più collaboratori di giustizia.

Le indagini, inoltre, scrive la Procura, hanno permesso di “individuare e colpire la frangia locale del sodalizio mafioso ‘Brunetto’, articolazione della famiglia mafiosa ‘Santapaola-Ercolano’, ed egemone nel territorio di Giarre, Mascali, Fiumefreddo di Sicilia, Castiglione di Sicilia”, e un elemento di spicco della stessa famiglia mafiosa del quartiere Picanello di Catania”. L’inchiesta ha permesso anche di “definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli degli indagati in un’associazione armata finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti che conduceva una ‘piazza di spaccio’ nel quartiere popolare Jungo di Giarre, attribuirne la gestione ad affiliati alla famiglia mafiosa Brunetto-Santapaola, ricostruire le modalità di turnazione fra vari pusher, il loro compenso, il mantenimento alle loro famiglie qualora detenuti, i canali di approvvigionamento di ingenti quantità delle varie sostanze e i relativi luoghi di occultamento”.

Tre anni di indagini dei Carabinieri

L’indagine dei Carabinieri dei Carabinieri di Giarre ha preso avvio nel 2017 su una banda che gestiva una vasta piazza di spaccio nel popoloso rione Jungo, da cui ha preso il nome l’operazione, che fruttava diverse migliaia di euro al giorno.

La direzione e gestione della piazza era riconducibile alla famiglia Andò, capeggiata da Giuseppe, detto “il cinese”, di 59 anni, venditore ambulante che, con figli e nipoti, si occupava di tutti gli aspetti del traffico di droga, anche di reclutare i pusher.

La collocazione del suo camion non era casuale: gli permetteva di controllare i movimenti delle pattuglie nel primo e più importante incrocio cittadino e fungeva da base per incontrare altri sodali, fornitori di stupefacenti, creditori, membri di altri clan o per convocare spacciatori “indisciplinati” nei turni e punirli con detrazioni dello “stipendio”, che era di circa 250 euro a settimana.
In caso di arresto di un pusher il gruppo si occupava del “mantenimento” della sua famiglia, comprese le spese legali.

Un sistema entrato in crisi per i numerosi arresti, tanto da fare dire a uno degli organizzatori: “appena ne prendono un altro è finita… vediamo ‘ste persone come si devono campare, perché poi chi viene qui sotto a lavorare? Nessuno!”.

“Il cinese” reggente pro-tempore dopo l’arresto di “Carmeluccio”

Dalle indagini è emerso anche che “il cinese” era diventato il referente pro tempore del clan “Brunetto-Santapaola” su Giarre dopo l’arresto di Pietro “Carmeluccio” Oliveri, indiscusso erede del boss Paolo Brunetto. Giuseppe Andò avrebbe avuto ordini dal carcere sulla gestione degli affiliati e sul mantenimento dei detenuti e delle rispettive famiglie.

Inoltre il gruppo era pronto a intervenire militarmente con agguati nei confronti di esponenti del clan Laudani, a Riposto schierato contro la ‘famiglia’ Santapaola.

Eseguiti dei sequestri preventivi

I Carabinieri hanno anche eseguito il sequestro preventivo un immobile a Mascali e un autocarro di uno dei capi del gruppo utilizzato per occultare e trasportare ingente quantità di droga.

La schedatura dei votanti del quartiere Jungo

Tra gli elementi emersi a conclusione di perquisizioni in covi a disposizione dell’organizzazione, anche, rivela la Dda, “una sorta di schedatura dei votanti del popoloso quartiere Jungo, verosimilmente per controllare il voto nelle sezioni ivi dislocate”.

Durante l’operazione sono stati eseguiti 18 arresti per spaccio di stupefacenti, denunciate altre 20 per reati connessi e segnalare 40 assuntori di droga. Sono stati sequestrati anche, complessivamente, 40 kg di marijuana, 2,5 kg di cocaina, 200 gr. di eroina, 25 gr. hashish, 3.850 euro in contanti, un motociclo rubato, un fucile, quattro pistole, 218 munizioni, utilizzate dai sodali per il compimento dei ‘reati-fine’.

Ricostruito il sistema delle estorsioni

Ricostruito, infine, “il sistema mediante cui il gruppo criminale sottoponeva più esercenti a estorsioni mediante intimidazioni mafiose, riscuoteva crediti legati agli stupefacenti mediante pestaggi e puniva coloro che si rifiutavano di spacciare o rapinare per conto del sodalizio criminoso”.

Dall’operazione emerge anche una estorsione a un ristoratore di Giarre, mai denunciata per paura.

Alcune vittime hanno negato anche dopo essere state convocate dai Carabinieri.

Tra i minacciati anche dei giostrai: “se monta gli brucio tutte le cose…”, era la rappresaglia annunciata.

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