Sos malagiustizia: il caso Palamara si allarga a macchia d’olio. Il Vaso di Pandora è stato ormai scoperchiato, mettendo a nudo (presunte, al momento) logiche spartitorie nelle nomine ai vertici delle Procure e gettando inevitabilmente un’ombra sull’integrità morale di una parte della magistratura.
Aiutare le persone vittime di ingiustizie giudiziarie, offrendo loro assistenza e sostegno morale, anche attraverso i suoi consociati, nelle azioni giurisdizionali rivolte ad ottenere la riabilitazione morale e giudiziale: è questa la mission dell’Associazione Italiana Vittime di Malagiustizia.
Fondata dal commercialista siciliano, trapiantato a Milano, Mario Caizzone dopo le vicende che lo videro coinvolto in una querelle giudiziaria durata più di vent’anni, l’Aivm si propone l’obiettivo di tutelare “quanti subiscono documentate ingiustizie e vessazioni nel nome di una legge che non è uguale per tutti”.
Perché casi di malagiustizia come il suo e quelli di tanti altri “siano sempre più rari e vengano denunciati e comunicati correttamente ai media”. Tanto è vero che – si legge sul sito aivm.it – il primo compito che l’associazione si è prefissato è quello di “rompere il silenzio”.
Del resto non è una novità che il sistema giustizia presenti numerose storture: ingiusta detenzione, errori giudiziari, durata irragionevole dei processi, uso distorto delle intercettazioni, fuga di notizie coperte dal segreto istruttorio, ma anche la “spiccata autoreferenzialità” – per usare le parole dell’ex il Primo Presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio – di alcuni Pubblici ministeri, sono tutte facce di una stessa medaglia, la malagiustizia. E contribuiscono ad alimentare un tritacarne mediatico che inghiotte indistintamente tutti, colpevoli ma anche, e soprattutto, innocenti.
I numeri parlano chiaro: secondo gli ultimi dati resi noti da errorigiudiziari.com, i casi di ingiusta detenzione sono stati 895 nel 2018 e i risarcimenti hanno pesato sulle casse dello Stato per 33.373.830 euro. Guardando a più ampio raggio, quei numeri lievitano vertiginosamente: sulla base dei dati – che vanno dal ‘92 alla fine dell’anno scorso – recuperati dai fondatori (Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone) del primo e più grande archivio online con tutti i casi di ingiusta detenzione, si contano oltre 27.200 casi, per i quali lo Stato ha speso fino a oggi più di 700 milioni di euro.
Proprio a supporto di gente ingiustamente detenuta ma anche persone che ritengono di essere state danneggiate da ritardi, superficialità, malintesi, interpretazioni errate, lungaggini e comportamenti arbitrari posti in essere da chi amministra giustizia, interviene l’Aivm, che dal 2012 ad oggi ha aiutato gratuitamente ben 7.863 vittime di malagiustizia provenienti da tutta Italia.
Chiedere un supporto all’associazione è semplice: basta segnalare il proprio caso tramite l’apposito format sul sito aivm.it, via mail agli indirizzi segreteria@aivm.it o info@aivm.it o ancora telefonicamente chiamando lo 02/66715134.
Le informazioni richieste, oltre ai dati personali, sono quelle relative alla propria vicenda giudiziaria: data di inizio, parti in causa, tipologia della procedura e situazione attuale.
I professionisti che collaborano in forma volontaria con l’associazione, dopo aver analizzato e approfondito la vicenda, consiglieranno gratuitamente su quali azioni intraprendere e se e come proseguire.
MILANO – Crolla l’accusa di bancarotta nei confronti di Fabio Riva, l’imprenditore che controllava l’Ilva di Taranto insieme al padre Emilio e al fratello Nicola. A deciderlo, la sentenza del Gup di Milano Lidia Castellucci che, al termine del processo con rito abbreviato, ha assolto con formula piena il noto imprenditore.
Si conclude così, per il momento, una vicenda giudiziaria iniziata oltre due anni fa: alla Procura, non appena verranno rese note le motivazioni della sentenza, spetterà valutare un eventuale ricorso in Appello.
Nell’ottobre del 2017 Fabio Riva e il fratello Nicola si erano visti respingere dall’allora gup Chiara Valori la richiesta di patteggiamento (rispettivamente a 5 e a 2 anni), concordata con la Procura, poiché la pena fu ritenuta “incongrua”. Nel febbraio 2018, Nicola Riva patteggiò 3 anni, mentre Fabio scelse la strada del rito abbreviato. Strada che ha decretato un’assoluzione piena: “il fatto non sussiste”.
CATANIA – Si è chiusa con un’archiviazione la vicenda sui voti sospetti nel centro per anziani “Maria Regina” di Sant’Agata li Battiati (Ct) che travolse il deputato regionale del Pd, Luca Sammartino, insieme ad altre otto persone, tra cui il responsabile della struttura, Angelo Borzì.
I fatti relativi all’inchiesta della Procura di Catania sulle presunte irregolarità nel seggio speciale allestito al citato ospizio risalgono alle scorse elezioni regionali in Sicilia, competizione nella quale il candidato del Pd ottenne 32mila preferenze.
Le indagini della Digos erano state avviate dopo il video pubblicato su un social network da un uomo che contestava il voto espresso dalla madre, interdetta, senza che nessuno degli figli avesse firmato la necessaria autorizzazione.
Per le altre otto persone coinvolte a vario titolo nella vicenda la Procura ha invece richiesto il rinvio a giudizio.
TRAPANI – Dopo il proscioglimento dall’accusa di associazione a delinquere con la gravante di aver favorito la mafia arrivato lo scorso anno dal Gip di Firenze, un altro verdetto scagiona l’imprenditore Andrea Bulgarella.
Le accuse mosse a suo carico erano di appropriazione indebita e concorso in truffa ma la Procura di Milano, a cui Firenze aveva inviato gli atti d’indagine per competenza territoriale, ha chiesto l’archiviazione e il Gip ha accolto tale istanza.
Le vicende giudiziarie che Bulgarelli si è ritrovato ad affrontare hanno segnato fortemente la sua persona, tanto che l’imprenditore ha deciso di cessare la sua attività di costruttore. E di lasciare la Sicilia. “Resta – ha affermato in una nota il costruttore siciliano – lo scandalo tutto italiano di un’inchiesta nata da elementi irrilevanti, da ricostruzioni inesatte e illogiche, da sospetti di falsi collaboratori di giustizia, che ha creato un grave danno di immagine a tutta l’attività del gruppo”.
MILANO – Anche per Fabrizio Palenzona, coinvolto nello stesso filone d’indagine sui rapporti tra il Gruppo Bulgarella e Banca Unicredit che ha visto protagonista l’imprenditore trapanese Andrea Bulgarella, è arrivata l’archiviazione dei reati di appropriazione indebita e truffa.
A seguito di quelle indagini, il Tribunale del Riesame di Firenze prima e la Procura di Milano poi hanno infatti chiesto l’archiviazione e il gip di Milano Manuela Cannavale l’ha concessa “perché i fatti ricostruiti difettano degli elementi costitutivi delle ipotesi di reato inizialmente formulate”.
La verità processuale è arrivata per gradi: lo scorso anno il gip del capoluogo toscano Alessandro Moneti archiviò le ipotesi di reato più gravi (associazione per delinquere e agevolazione di Cosa Nostra). Restate in piedi le accuse di appropriazione indebita e concorso in truffa, il procedimento venne trasferito per competenza a Milano dove il gip Cannavale ha messo la parola fine alla vicenda.
sono i casi in Italia di ingiusta detenzione registrati nel 2018
è quanto lo Stato ha sborsato nel 2018 a titolo di risarcimento per ingiusta detenzione
sono i casi di ingiusta detenzione registrati in Italia dal 1992 al 2018
è quanto lo Stato ha sborsato per i risarcimenti dei casi di ingiusta detenzione dal 1992 al 2018
è l’indennizzo percepito in media da un innocente per ogni giorno trascorso in custodia cautelare in carcere
è l’indennizzo percepito mediamente da un innocente per ogni giorno trascorso in custodia cautelare agli arresti domiciliari
Fonte: www.errorigiudiziari.com