Matteo Messina Denaro è morto stamattina, lunedì 25 settembre, dopo aver superato tre giorni di coma irreversibile. Le sue ultime volontà sono state chiare. A scriverle era stato lo stesso boss in un foglio di carta trovato dai Carabinieri del Ros nel covo di Campobello di Mazara all’indomani del fermo. “Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato”.
“Non sono coloro che si proclamano i soldati di Dio a poter decidere e giustiziare il mio corpo esanime non saranno questi a rifiutare le mie esequie” diceva a maggio di 10 anni fa quando la Chiesa proclamò beato don Pino Puglisi. “Il rapporto con Dio è personale, non vuole intermediari e soprattutto non vuole alcun esecutore terreno – affermava il latitante -. Gli anatemi sono espressioni umane non certo di chi è solo spirito e perdono. Sono io in piena coscienza e scienza che rifiuto tutto ciò perché ritengo che il mio rapporto con la fede è puro, spirituale e autentico, non contaminato e politicizzato. Dio sarà la mia giustizia, il mio perdono, la mia spiritualità. Chi come oggi osa cacciare e ritenere indegna la mia persona non sa che non avrà mai la possibilità di farlo perché io non lo consento, non ne darò la possibilità”.
Matteo Messina Denaro è rimasto ricoverato fino alla sua morte nella cella del reparto per detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, assistito dagli specialisti della terapia del dolore. I sanitari lo hanno tenuto in cura dopo la sospensione di qualsiasi terapia oncologica. Al 62enne, nei giorni scorsi, è stata sospesa l’alimentazione parenterale per endovena così come espressamente richiesto nel testamento biologico. Infatti ha chiesto chiaramente di evitare l’accanimento terapeutico. Le sue condizioni si erano aggravate venerdì pomeriggio per un forte sanguinamento, un collasso e l’occlusione intestinale diventata cronica.