Si moltiplicano i rumors per la corsa con fermata Colle Quirino. Nomi buttati a casaccio, come dei sondaggi geologici in cerca di petrolio informativo.
La verità è che per la prima volta da anni il centrosinistra non ha una maggioranza costruibile e quindi non ha un nome che rischi la brutta figura.
Si ricordano ancora di Prodi e con la fibrillazione in casa Grillina la carica dei 101 franchi tiratori potrebbero diventare i 300 delle Termopili. Erano giovani e forti e sono morti.
In casa centrodestra la situazione è mista. Paradossalmente possono perdere solo con le loro mani.
Il piano formalmente A si chiama Silvio Berlusconi. Ma tutti capiscono che è un’operazione di facciata. Si parla di un piano B che ha il volto di Marcello Pera, filosofo liberale che piace anche a Renzi, ex presidente del Senato e persona al di sopra di ogni sospetto.
Ma la verità è che è facilmente approntabile il piano C. Quello che si chiama Mario Draghi. Con cui la Meloni soprattutto, e gli altri possono comunicare di andare al voto.
Molti in Parlamento, soprattutto i grillini temono che l’ elezione di Draghi comporti lo scioglimento delle Camere ma quando fu eletto un uomo dello spessore di Ciampi che guidava la politica economica del Paese ci fu un governo di fine legislatura poi configurato in Giuliano Amato, cosa che potrebbe riaccadere se si volesse qualcuno particolarmente attrezzato per le mediazioni di fine mandato.
Di fatto la vicenda Quirinale è come la metropolitana di Roma tra linee A, B e C.
Puoi partire da un luogo vicino ma solo la linea maestra ti porta al Quirino.
E la via maestra è l’uomo a cui si riconosce peso e neutralità, e che ha più consenso per essere eletto, come Ciampi, al primo scrutinio.
L’importante sarà rassicurare i peones del Parlamento che rimarranno in carica fino alla scadenza naturale, per esempio per fare la legge elettorale, scusa istituzionale buona per tutte le stagioni.
A Roma Termini la corsa è partita vediamo chi ha preso la linea giusta.
Così è se vi pare.
Giovanni Pizzo