Migranti, gli ex dipendenti ripropongono il Cara di Mineo - QdS

Migranti, gli ex dipendenti ripropongono il Cara di Mineo

Pietro Crisafulli

Migranti, gli ex dipendenti ripropongono il Cara di Mineo

giovedì 20 Agosto 2020

Mentre a Lampedusa è emergenza, gli ex dipendenti affermano, "si cercano soluzioni improbabili quando c'è già quella pronta". Il paradosso leghista: aperto da Maroni, fu chiuso da Salvini, che lo considerava "simbolo dell'invasione" . Dal sindaco delle Pelagie Martello una dura "lettera aperta" al premier Conte

“Di fronte ad una nuova emergenza umanitaria si cercano soluzioni, spesso anche assai improbabili, quando invece la soluzione è già pronta: basta solo riattivare il Cara di Mineo con il suo patrimonio fatto di professionalità e competenze, espresso da centinaia di ex dipendenti, operatori sociali e professionisti dell’accoglienza”.

Mentre a Lampedusa continua l’emergenza – oggi l’arrivo di un altro centinaio di persone ha nuovamente portato l’hotspot oltre ogni limite di gestibilità – cinquantanove ex dipendenti del Centro accoglienza richiedenti asilo del Catanese hanno scritto una lettera aperta all ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.

“Al Governo italiano – si legge nella missiva – costa di più noleggiare le navi che riaffittare la struttura di contrada Cucinella. Riaprire il Cara di Mineo farebbe risparmiare lo Stato e poi restituirebbe un’occupazione a diverse centinaia di lavoratori, come coloro che scrivono, espulsi dal mercato del lavoro non perché inutili, ma solo perché alla politica serviva presentare uno scalpo”.

“Si è costruito consenso mediatico – viene sottolineato nella lettera, con un chiaro riferimento a Matteo Salvini che fece della chiusura del Cara una sua personale battaglia – togliendo il lavoro alle persone! Oggi, con un adeguato dispiegamento delle forze dell’ordine e dell’Esercito, si può organizzare l’accoglienza dei migranti in quarantena presso il Cara di Mineo, garantendo sicurezza sia ai lavoratori che a tutti i cittadini”.

La storia del Cara di Mineo coincide con l’inizio della primavera araba, nei primi mesi del 2011, quando le coste del Sud Italia e in particolare quelle della Sicilia furono letteralmente invase per via delle sommosse in Tunisia e in Libia. E fu un ministro dell’Interno della Lega Nord, Roberto Maroni, a individuare nell’ex residence degli aranci costruito per ospitare militari americani di stanza a Sigonella, nella vicina Mineo, in provincia di Catania, il luogo ideale per creare un centro d’accoglienza.

Contro l’ipotesi della riapertura del Cara, finito al centro di vicende giudiziarie non ancora definite, si è adesso scagliato il capo della Lega Nord Matteo Salvini, affermando: “16.914 sbarchi dall’inizio dell’anno a oggi, contro i 4.548 dello stesso periodo di un anno fa. Il governo spalanca i porti, mette in pericolo l’Italia e ora c’è chi chiede la riapertura del Cara di Mineo, uno dei simboli più vergognosi dell’invasione voluta dal centrosinistra e cancellato dalla Lega al governo. Non permetteremo a Conte-Pd-5Stelle di trasformare l’Italia e la Sicilia in un campo profughi”.

Salvini scorda di dire che la drastica riduzione degli arrivi non fu certo merito dei suoi “porti chiusi” – una evidente bufala in un Paese con 3.600 chilometri di coste, e che gli ha valso, da parte del sindaco di Lampedusa Totò Martello, la definizione di “mentitore seriale” – quanto delle politiche internazionali del Governo Gentiloni.

In particolare i risultati vennero dall’accordo stretto dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti con la Libia: dal primo luglio 2016 al 29 maggio 2017 erano sbarcati in Italia 171.442 migranti. Dopo gli accordi la riduzione degli arrivi fu del 71% e dal primo luglio 2017 al 29 maggio 2018 furono registrati 48.918 sbarchi. E, l’anno dopo, scesero alla cifra che ora Salvini sbandiera come una sua vittoria.

In realtà gli accordi di Minniti avrebbero dovuto essere perfezionati anche in sede europea dal nuovo ministro dell’Interno.

Ma a Salvini interessava soltanto la propaganda e quindi tralasciò di curare quei rapporti internazionali tra Europa e Paesi africani del Mediterraneo che avrebbero potuto davvero essere risolutivi.

Ed ecco che, con la crisi economica in Tunisia e il nuovo boom degli sbarchi, l’Italia ha dovuto ricominciare tutto daccapo, con il viaggio dei ministri Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio in quel Paese.

Martello a Conte, basta con il silenzio

Intanto il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, in una lettera aperta al presidente del Consiglio dei ministri, ha chiesto a Conte di rompere il silenzio.

“Quanti migranti – si chiede – devono ancora essere ammassati nel Centro di accoglienza per potere avviare i trasferimenti da Lampedusa? Presidente Conte, quante barche di migranti devono ancora essere depositate al Molo Favaloro prima che inizino le procedure di demolizione? Presidente Conte, quanto pensa ancora possa durare la pazienza dei lampedusani?”.

“Presidente Conte, forse non è chiaro – aggiunge Martello – in queste condizioni il suo governo non è in grado di garantire le norme di sicurezza, non solo sanitarie, sull’isola. Quindi, basta con provvedimenti tampone, basta con questo silenzio assordante: Lei ed il suo governo non potete tacere di fronte a ciò che sta accadendo a Lampedusa!”.

“Non è più accettabile che la nostra isola – sostiene il sindaco di Lampedusa – sia abbandonata a se stessa e che il peso dell’accoglienza sia scaricato tutto sulle nostre spalle: noi siamo i primi a voler garantire il rispetto dei diritti umani, ma non è più accettabile che per questo Lampedusa sia lasciata in balia delle più feroci speculazioni politiche”.

“Un presidente del Consiglio – conclude Martello – ha il dovere di rispettare tutti gli italiani compresa Lampedusa, che ha la sola colpa di trovarsi nel centro del Mediterraneo, al 35° parallelo”.

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