Migranti, Mediterraneo Mare di morte. Il sindaco di Lampedusa, ripescare il Global compact Onu - QdS

Migranti, Mediterraneo Mare di morte. Il sindaco di Lampedusa, ripescare il Global compact Onu

Giuseppe Lazzaro Danzuso

Migranti, Mediterraneo Mare di morte. Il sindaco di Lampedusa, ripescare il Global compact Onu

lunedì 16 Novembre 2020

Il vescovo Mogavero, “serve un tavolo europeo capace di prendere decisioni con obbligo per gli Stati di attuarle”. Anche Totò Martello chiama l’Ue e afferma: “sulle migrazioni basta litigi per propaganda politica”. Poi parla della “balla salviniana dei porti chiusi” e della bara bianca del piccolo Yusuf. Le polemiche sugli ultimi naufragi, da Roberto Saviano a Giorgia Meloni ad Azzurra Barbuto. E la testimonianza della giornalista Elvira Terranova, che nel 2011 salvò dall’annegamento un altro bimbo di sei mesi

È di ieri l’ultimo appello di Papa Francesco ai cattolici: “non sprechiamo la vita pensando solo a noi stessi, con l’atteggiamento dell’indifferenza” ha detto celebrano messa in San Pietro per la quarta Giornata mondiale dei poveri.

E poche ore prima il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico
Mogavero, lo stesso che aveva affermato senza mezzi termini che “è contro il
Vangelo chi chiede respingimenti”, aveva ribadito: “nella condivisione, nell’umanesimo,
nella solidarietà dobbiamo trovare il meglio di noi stessi”.

“Perché non possiamo non dirci cristiani” era il titolo di un
breve saggio scritto da Benedetto Croce nel 1942, che sottolineava in quella
religione “una nuova qualità spirituale, che fino allora era mancata all’umanità”.

A ottant’anni di distanza il richiamo a quella “qualità spirituale”
che si chiama umanità, appare sempre più forte. Soprattutto quando si parla di
migranti. E in tempi di coronavirus.

Le tragedie di
Lampedusa

La frontiera della nostra umanità ormai da tempo si trova a Lampedusa. Persino da prima che, il tre ottobre del 2013, centinaia di somali ed eritrei morirono davanti alla costa dell’isoletta in un naufragio ricordato come la più grande tragedia dell’immigrazione: almeno 368 i migranti morti.

“Viene la parola vergogna – sbottò Papa Francesco -! Uniamo i
nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie”.

Ma l’ultima è stata sfiorata poche ore fa, quando un barchino, con
a bordo una trentina di migranti, si è ribaltato, nel cuore della notte, a
quattro miglia da Lampedusa.

Per fortuna Guardia costiera e Guardia di finanza sono riuscite a portarli tutti in salvo nell’hotspot di contrada Imbriacola dove si trovano quasi ottocento ospiti, contando anche i dodici tunisini su un barchino soccorso ieri mattina.

“Sono le tragedie – dice Totò Martello, il sindaco-pescatore delle
Pelagie – con le quali la comunità di Lampedusa purtroppo continua a
confrontarsi. Noi siamo qui, raccogliamo il dolore e piangiamo i morti. Ecco
perché ieri ho postato su Facebook l’immagine della piccola bara bianca nella
quale abbiamo seppellito, nel nostro cimitero, il corpicino di Joseph, o se
preferite Yusuf”.

La candida cassa con dentro il bimbo, originario della Guinea, è
stata tumulata nell’area del cimitero dove ci sono già migranti senza nome,
vittime di altre sciagure del mare. Su una lapide il nome del piccino: Ysuf Ali
Kanneh, la data e il luogo di nascita: 26.04.2020, Libia.

Ad assistere alla piccola cerimonia funebre e alla tumulazione
della bara c’era anche la mamma, che ha solo diciassette anni ed è disperata.

“Io so solo – aggiunge Martello – che questo bimbo di pochi mesi
era una delle vittime del naufragio di mercoledì scorso, l’ennesimo in quel
Mediterraneo che vogliamo con tutte le nostre forze che torni a essere un Mare
di Pace e non un Mare di morte”.

“Non è stato facile – aggiunge – decidere di pubblicare questa
foto, che racconta la cruda realtà, così come non ci sono parole per descrivere
il dolore della madre, una ragazza di appena diciassette anni che fino all’ultimo
è stata accanto a quella bara. E non vorrei che ancora una volta, finita l’emozione
e la commozione, si tornasse a litigare sulle migrazioni non per cambiare le
cose ma per pura propaganda di appartenenza politica”.

Il silenzio come
unica risposta

“Di fronte a una tragedia immane – ha esortato il vescovo Mogavero
– , che si continua a consumare quotidianamente nel Mediterraneo, l’unico
atteggiamento plausibile è il silenzio”.

Ma non tace il senatore della Lega psp id Stefano Candiani, che,
agitando lo spettro del terrorismo, parla di “sbarchi continui nel più totale e
colpevole silenzio”, di “fallimento governo” e di “vergognoso atteggiamento di
certa sinistra buonista, che ora, per convenienza, fa finta di non vedere gli
hotspot stracolmi, le allucinanti condizioni dei migranti e delle forze dell’ordine
dedicate al controllo”.

La balla dei
porti chiusi e Yusuf

“Ho definito Matteo Salvini un mentitore seriale – aggiunge Martello – perché continua a ripetere che quand’era ministro degli Interni e raccontava la balla dei ‘porti chiusi’, non c’erano più sbarchi. Per questo noi definivamo ‘sbarchi fantasma’ quelli che continuavano ad avvenire qui a Lampedusa. È arrivato persino a dire, cinicamente, che, ‘quando c’era lui’, Yusuf non sarebbe morto perché non sarebbe partito”.

“Quanto alle parole di Candiani – prosegue Martello – vorrei
conoscere la sua proposta, quale soluzione ha in tasca. Purché non parli dei finti
porti chiusi, o dei ‘blocchi navali’ per evitare gli arrivi e per non fare
riempire hotspot: queste non sono soluzioni, lo stesso Candiani sa che sono
inattuabili. Che significa ‘blocco navale’? Significa che se arriva un barchino
con i migranti di fronte le nostre coste, o come spesso capita entra
direttamente in porto, gli piazziamo una nave davanti e non lo lasciamo
passare? E se sta per affondare che facciamo, stiamo lì a guardare? I ‘blocchi
navali’ sono messaggi-spot che servono solo alla propaganda più spregiudicata e
cinica”.

“Bisogna invece – sottolinea – tornare a discutere del ‘Global compact for migration’, il documento delle Nazioni Unite che indica i principi per una migrazione ‘ordinata, regolare e sicura’. La firma dell’Italia al Global Compact venne ostacolata da Salvini quando era al governo. È il momento di riprendere quel percorso interrotto bruscamente alla vigilia della firma.  Al tempo stesso bisogna valutare con la massima attenzione il nuovo ‘Piano per le migrazioni ed il diritto d’asilo’ che l’Ue si appresta a definire, soprattutto nella parte che riguarda i territori di frontiera da sostenere, e non da gravare con un peso ulteriore nei meccanismi di prima accoglienza”. 

“Ma si tratta di temi – conclude Martello – che vanno affrontati
nel merito, allontanando quel clima da perenne campagna elettorale che serve
solo a chi vuole strumentalizzare, o diffondere paure ed intolleranza. Non
possiamo stupirci ogni volta per quel che accade nel Mediterraneo: la questione
migranti – riguarda tutta l’Europa. Ed è un tema che deve vedere unita la
Comunità Europea. Non c’è più tempo da perdere”.

Problema endemico
come il covid

“La soluzione a questo problema – concorda monsignor Mogavero -, che oramai sta diventando endemico come il covid-19, non è certamente la costruzione di barriere, la chiusura di porti o il blocco pretestuoso nei porti italiani delle navi delle Ong. Si impone sempre più urgente la ricerca di un tavolo europeo di concertazione, capace di prendere le decisioni più opportune con obbligo vincolante per gli Stati di attuarle senza temporeggiamenti o aggiramenti di comodo”.

“Fino a che non si arriva a tanto – sottolinea il Vescovo di
Mazara – , continueremo a piangere per le centinaia di morti, pronti soltanto a
giustificare presunte strategie di contenimento”.

“I cristiani – conclude Mogavero – devono tornare a pensare secondo il Vangelo, a tendere la mano, ad aprire il cuore e a intraprendere strategie di dialogo per giungere, quanto prima, con forti pressioni popolari, alla ricerca di vere soluzioni al grave problema”.

Le polemiche sui
social

Il naufragio che ha causato la morte del piccolo Yusuf e di altre cinque persone – le altre sono state salvate dall’intervento della Open Arms – è stato causa di fortissime polemiche sui social. Roberto Saviano – che ieri sera ha parlato della questione anche a “Che tempo che fa” – ha pubblicato le terribili immagini che fissano proprio il momento in cui la madre perde il bambino, ma ha aggiunto un violento attacco a Matteo Salvini e alla leader di FdI Giorgia Meloni unendo due loro frammenti di dichiarazioni video.

Nel primo spezzone Salvini dice: “Però adesso, live, esempio, di
turisti che non pagano ma che vengono pagati per fare i turisti. Barchino,
barcone, ennesimi clandestini che rimarranno qua a scrocco e a spese degli
italiani”.

Nel secondo afferma: “Adesso sbarcano tutti, tra i venticinque e i
ventisette anni, belli, robusti, muscolosi, col barboncino al guinzaglio e il
cappello di paglia, l’anellino e il telefonino. Questi la guerra ce la portano
in Italia, non sono loro che scappano dalla guerra”.

E la Meloni: “E a norma di diritto internazionale questo significa
che la Sea Watch è una nave che deve essere sequestrata, che l’equipaggio deve
essere arrestato, che gli immigrati che sono a bordo devono essere fatti
sbarcare e rimpatriati immediatamente e che la nave deve essere affondata”.

Sempre su Facebook la Meloni risponde che il piccolo e la madre
sono “Vittime della furia immigrazionista, di chi è disposto ad accettare
migliaia di morti in mare in nome della sua visione ideologica, invece di
fermare le partenze dei disperati e le continue morti in mare”.

Polemiche sui social anche per un tweet, stigmatizzato anche da Fiorella Mannoia, di Azzurra Barbuto, giornalista di Libero, in cui, rivolgendosi alla madre di Yusuf, afferma: “Hai perso il tuo piccolo, sei mesi, perché lo hai buttato su un gommone con un centinaio e più di persone ammassate una sull’altra, in autunno inoltrato, con il freddo e il mare grosso”.

La giornalista e
il piccolo Samir

Elvira Terranova, inviata di Andkronos, è cavaliere della Repubblica. Per aver salvato, la notte tra il sette e l’otto maggio del 2011, diversi migranti, tra i quali Severin, un bimbo di cinque mesi, da lei restituito alla madre, che urlava disperata.

“È nudo – ha recentemente ricordato su Facebook la giornalista – , spaventato, non piange, è visibilmente sotto choc. Ha solo una catenina d’oro al collo con un piccolo crocifisso. Lo accudisco, lo copro, gli soffio aria calda sul visino cercando di riscaldarlo. Lo cullo. È solo. Non so ancora se la sua mamma è morta annegata. Così mi metto su una macchina messa a disposizione dalla Polizia e giriamo per l’isola nei posti in cui vengono portati i naufraghi. Ma nessuno conosce il piccolo. Sono quasi le sei del mattino quando arrivo nell’area della Marina Protetta. L’ultima speranza per trovare la sua mamma o il suo papà. Vedo una donna a terra che grida disperata. Piange, è ancora tutta bagnata. Singhiozza e non riesce a parlare. Mi avvicino e con molta cautela le mostro il bimbo che tengo in braccio da cinque ore chiedendole in inglese: ‘Sorry, it’s your baby?’. Lei mi guarda e si ammutolisce. Finisce di gridare. Anzi, lancia solo un grido acuto: ‘Severin!’. E io sento rimbombare ancora nelle mie orecchie quel grido”.

“Ecco, cara Azzurra Barbuto – afferma Elvira Terranova – quella
mattina io ho chiesto a Madeleine perché si è messa su quella imbarcazione,
mettendo a repentaglio la sua vita e quella del bambino. Sai cosa mi ha
risposto quella mamma? ‘Perché lì, in Africa, avevo la totale certezza di
morire con il mio Severin, su quel barcone ho rischiato è vero ma almeno avevo
una possibilità di farcela. Per potere dare un futuro a mio figlio’”.

“La prossima volta – conclude il post su Facebook Elvira Terranova
–  prima di scrivere un post in cui
accusi la povera mamma di Youssef, una donna che ha perso il suo bene più
prezioso, di aver causato la morte del suo adorato bambino, pensaci un attimo.
Rifletti. Poi scrivi”.

Sì, perché, nell’epoca dei social, pochi leggono ma scrivono
tutti. Che poi siano, come sottolineava Umberto Eco, “legioni di imbecilli”
poco importa: contano i like.

Le faide social
contro l’umanità

“Far partire la faida sui social – afferma Elvira Terranova – ha
una finalità precisa: far perdere di vista quel che realmente conta ossia l’umanità.
E c’è chi lavora per questo: Parlano alla pancia della gente, perché, ancor di
più nell’indeterminatezza del tempo del covid, la gente sembra avere un
disperato bisogno di prendersela con qualcuno. E il muro basso, come diciamo in
Sicilia, sono loro, i migranti”.

“Su una cosa dobbiamo ragionare – aggiunge -, ossia sul fatto che
nove anni fa, quando raccontavo in incontri pubblici la storia di Severin, ci
si commuoveva. Poi, quattro o cinque anni fa, la reazione cominciò a essere
diversa: cominciavamo a non voler più guardare la realtà, a rifiutare la nostra
umanità per abbracciare l’egoismo di slogan che distinguevano tra essere umano
ed essere umano in base a categorie come il colore della pelle o la provenienza
geografica. Il bello è che chi ha acquisito certi comportamenti, non è cattivo:
spesso si rifà alla tradizione cattolica della solidarietà, ma poi si ferma ai
primi simboli e non alla sostanza”.

“Tanti – conclude – prima di dirsi cristiani dovrebbero passarsi
una mano sulla coscienza. Io posso dire loro che ho guardato negli occhi donne
stuprate, piene di cicatrici fisiche e morali, che mi hanno narrato le cose più
atroci, di amatissimi bambini forse nati da stupri, di voglia di riscatto, di
vita, di umanità, di pace. Per queste storie personali bisogna avere rispetto.
Poi, per avere like, ciascuno può dire quel che gli pare. Ma almeno rispetti
questi casi. Tacendo”.

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