“C’erano gli operatori d’informazione e le forze dell’ordine, ma la città di Castelvetrano e i Comuni limitrofi non hanno partecipato come avevamo sperato”: c’è amarezza nelle parole di Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare Antimafia nella scorsa legislatura, che commenta in una diretta Facebook la manifestazione organizzata il 19 gennaio dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro.
“C’era poca gente, c’è stata poca partecipazione”, rivela sui social. Alla manifestazione era presente anche Giuseppe Cimarosa, cugino di Matteo Messina Denaro che tempo fa aveva rinnegato le atrocità commesse dal boss parente. C’erano anche i giornalisti, alcune autorità politiche, ma poca gente. Una scarsa partecipazione che per Morra è simbolo di quella comunità omertosa che ha permesso a un personaggio come Messina Denaro di rimanere a piede libero per 30 anni e di una mafia che ancora fa paura alla popolazione.
“In quei territori le comunità umane interpellano lo Stato, chi vi vive e vuole combattere Cosa nostra è chiamato a fare uno sforzo ulteriore che altrove non si fa perché altrove la comunità reagisce con più forza e più determinazione nei confronti della violenza, dell’angheria e dei soprusi prodotti da cosa nostra”, dichiara Morra.
“Ieri c’era da protestare ma anche da chiedere, sotto la casa di Messina Denaro, ai componenti della sua famiglia di collaborare e iniziare a rilasciare dichiarazioni in virtù delle quali le autorità giudiziarie potranno individuare le complicità che hanno permesso a Messina Denaro di protrarre la sua latitanza per quasi 30 anni”, continua Morra commentando la manifestazione.
Nel corso del video Morra ha anche ricordato un fatto avvenuto durante la missione della Commissione Antimafia a Trapani durante le audizioni, segrete, di rappresentanti provinciali delle associazioni massoniche del Trapanese. “Il 25 maggio 2022, in prefettura a Trapani, nel palazzo che rappresenta il governo sul territorio, l’Antimafia ha dovuto sospendere un’audizione perché un soggetto fu trovato dietro alla porta”.
“Una vicenda – ha sottolineato – che a mio avviso doveva imporre indagini immediate sul come e perché, accanto all’aula in cui l’Antimafia stava facendo l’audizione, in una prefettura e contrariamente a quanto la norma prevede, ci fossero altri soggetti intenti ad ascoltare quello che veniva detto in audizione: ed è presumibile che, ascoltando i fratelli massoni, si stesse anche cercando di fare luce sulla latitanza di Matteo Messina Denaro”.