Ci sono gli eredi naturali, i suoi figli a cui va un patrimonio di 6,5 miliardi. Punto e basta. Forza Italia non ha, e non può avere eredi. Forza Italia è narrazione e simbologia. Morto Freddy Mercury non ci sono i Queen, né Dante ha avuto un successore che ha scritto il sequel della Divina Commedia. Il suo partito era lui e basta, non è un partito da congresso, da deleghe, da segretario. Era un partito da presidente, e con lui finisce.
Come finisce? In due modi. Da un lato una patetica ed inutile discussione sul simbolo, tra cani che scippano i cosiddetti ferri allo scecco morto, il partito. Dall’altro una diaspora, silenziosa per alcuni, rumorosa per altri. Il partito Mediaset ha già scelto di andare, per oggi, domani è un altro giorno, con Giorgia.
Altri, anche a seconda delle latitudini, andranno dai fratelli, forse coltelli, alcuni busseranno da Verdini, per intercedere con il genero Salvini. Altri ancora andranno con il più furbo e simile, anche se non uguale, Matteo Renzi. Renzi è stato il primo, in tempi non sospetti, a riconoscerne i meriti politici, pur facendosi un percorso parallelo.
Oggi sfruttando un vecchio concetto democristiano può tentare la convergenza delle rette parallele, distinte ma non distanti. Lui è l’unico per capacità istrioniche a somigliare a B. Gli altri, i Tajani di turno, sono solo carneadi, pallide controfigure, e come tali servono solo se il protagonista è vivo. Qualcuno si ricorda dello stuntman di John Wayne?
In questo ha ragione uno dei suoi figliocci politici, Gianfranco Miccichè. Silvio è morto e Forza Italia pure. Come quel cane che non sopravvive al padrone.
Così è se vi pare.