Migranti, Lorefice “No a respingimenti con la scusa del virus” - QdS

Migranti, Lorefice “No a respingimenti con la scusa del virus”

redazione

Migranti, Lorefice “No a respingimenti con la scusa del virus”

mercoledì 15 Luglio 2020

L'appello dell'arcivescovo nel nome di Rosalia durante il Festino “La pandemia sembra essere diventata motivo ulteriore di disinteresse e chiusura. Davanti a Te devo gridare Basta! Il Mediterraneo torni ad essere spazio di pace e concordia tra popoli”

La pandemia “sembra essere diventata un motivo ulteriore di disinteresse, di chiusura e di respingimento”: lo ha detto l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, in un passaggio dedicato agli immigrati del discorso alla città pronunciato in occasione dell’annuale “Festino di Santa Rosalia”, evidenziando il rischio che “il nostro malessere” diventi “una scusa buona per chiudere la porta in faccia a quanti, ancora una volta da noi, hanno ricevuto, dopo secoli di soprusi e di rapine, anche il virus che si trova sui barconi”.

“Il Tuo corpo – ha aggiunto – era nella grotta sul monte, Rosalia, sul nostro monte ‘ove vi era un grandissimo precipitio che dava alla parte del mare’ da dove si affacciò Vincenzo Bonelli – come affermò nella Testimonianza fatta in punto di morte a don Pietro Lo Monaco – ‘con animo di precipitarme’ (Originale delli testimonij di Santa Rosalia, 1624). Consentimi, nostra cara Santuzza, stasera di volgere lo sguardo a questo mare, al Mediterraneo, a cui la tua figura di ‘peregrina giovana, di faccia d’angelo, bella e con uno splendore grande’, sottrasse il corpo del ‘saponaro’ disperato, dicendo: ‘Non andar più innanti né timer più. Vien con me’ (Originale delli testimonij di Santa Rosalia, 1624). È lo stesso mare nel quale oggi finiscono le vite e le speranza di tante donne e di tanti uomini dell’Africa e dal Medio Oriente, spinti dalla fame e dalla guerra verso il nostro Occidente e sottoposti per questo ad un esodo disumano, abbandonati nel deserto, catturati e torturati nei campi di concentramento libici, lasciati morire in mare o magari crudelmente respinti. Apro il mio cuore davanti a te stasera, cara Santuzza nostra, perché la pandemia sembra essere diventata un motivo ulteriore di disinteresse, di chiusura e di respingimento”.

“Giorni fa, addirittura, – ha proseguito – abbiamo avuto l’ardire di rimandare in Libia, nei campi di concentramento, un bambino neonato. è stato il colmo dell’abiezione. E stasera davanti a te io devo gridare basta: basta con questo egoismo omicida e suicida! Basta con questa miopia! Se il virus non ci ha insegnato che il destino del mondo è uno solo, che ci salveremo o periremo assieme; se la pandemia ci ha resi ancora più pavidi e calcolatori, facendoci credere di poter salvare il nostro posto al sole, siamo degli illusi, dei poveri disperati”.

“Basta – ha tuonato Lorefice – con gli stratagemmi internazionali, con i respingimenti, basta con le leggi omicide. I ‘traditori degli ospiti’, ricordiamocelo, Dante li getta nel fondo dell’inferno (cfr La Divina Commedia. Inferno, Canto XXXIII). Ma l’inferno per questi nostri fratelli è diventata, per causa nostra, questa terra. È diventato questo ‘mare salato’ di cui cantava il poeta, salato – ha sottolineato mosnignor Lorefice – per le lacrime dei disperati che vi sono affondati senza riparo, senza una mano che li soccorresse, nella distruzione di ogni speranza. Per questo chiedo il tuo sostegno, Rosalia, perché il mare di Palermo, il nostro Mediterraneo, torni ad essere uno spazio di pace e di concordia tra i popoli. Un mare dolce, un mare ospitale”.

Nel discorso di Lorefice, spazio anche per le difficoltà legate agli effetti della pandemia, ancor più pericolosi in città ad alto rischio di infiltrazioni mafiose e criminali.

“Se non cambieremo – ha detto – se a Palermo il Coronavirus diverrà una nuova grande opportunità per la mafia e la criminalità, poveri noi! Rosalia, insegnaci a lasciare! Perché dobbiamo lasciare! Il nostro Occidente deve lasciare! Lasciare i privilegi di un ordinamento ingiusto, portatore di morte. Lasciare una ricchezza e un’economia che puntano solo al profitto e non hanno riguardi per la vita; che creano solo conflitto, dolore; che ora mostrano tutta la loro follia. Tu Rosalia, stasera, ci gridi di svegliarci prima che sia troppo tardi! Lo gridi a me, ai cristiani, alle donne e agli uomini di Palermo, a quanti hanno responsabilità politiche, amministrative ed economiche. Lo gridi, Rosalia, da umile e grande testimone del Vangelo di Gesù di Nazareth, che ha gridato dal monte ‘Beati i poveri’ e ‘Guai ai ricchi’ (Lc 6, 20.24), con la franchezza di un Dio schierato dalla parte degli oppressi e dei curvati della storia”.

“Lo dici – ha aggiunto – volgendo lo sguardo alla nostra Palermo, dove la crisi della pandemia ha aggravato i problemi economici, provocando la perdita di posti di lavoro, acuendo la crisi delle piccole imprese, indebolendo i giovani e le famiglie, creando i presupposti per un nuovo fiorire dell’economia mafiosa, dell’imprenditoria criminale, che sguazza nel degrado e nel bisogno. Rosalia, aiutaci ad ascoltare il tuo grido. Se non cambieremo, se a Palermo il coronavirus diverrà una nuova grande opportunità per la mafia e la criminalità, poveri noi! Sarebbe un tragico scandalo, e saremmo noi, tutti noi i responsabili di questo scandalo. Verso chi provoca lo scandalo – ricordiamocelo – Gesù dice delle parole terribili: ‘sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare’ (Mt 18,6). Fa’, Santuzza nostra, che da stasera noi siamo tuoi imitatori e non donne e uomini dello scandalo dell’ingiustizia e della disonesta ricchezza”.

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