Giustizia

Odio razziale, condannato a quattro anni e mezzo di reclusione

“Sporco negro”, e giù botte.

C’è l’odio razziale dietro il pestaggio subito due anni fa da un ballerino in un pub di Lercara Friddi, nel Palermitano.

Lo dice il Gip di Termini Imerese, Claudio Emanuele Bencivinni, che ha condannato a quattro anni e mezzo (sei mesi in più rispetto alla richiesta del pm) Giuseppe Cascino, di 31 anni, autore dell’aggressione avvenuta il 22 luglio 2018.

La vittima, Davide Mangiapane, è nato a Palermo da padre siciliano e madre mauriziana.

Condannato anche il fratello di Cascino, Antonio, che qualche giorno dopo l’accaduto avrebbe convinto un testimone a dire il falso. Per lui un anno di reclusione (il doppio di quanto richiesto dal pm).

Il Gip ha anche condannato i due fratelli a risarcire le parti civili, il giovane e i suoi genitori. Tutto cominciò quando a Lercara Friddi era quasi l’alba e il pub, situato nella piazza principale, stava per chiudere.

Cascino aveva fatto cadere a terra il cappello a Davide e poi lo aveva colpito al volto con un pugno, gridandogli “sporco negro, vattene via da qui”.

Il giovane, con la mandibola fratturata e privo di conoscenza, è stato poi colpito con calci e pugni mentre era a terra.

L’aggressore avrebbe avuto un complice, un diciassettenne, denunciato alla procura per i minorenni di Palermo.

Fondamentale per ricostruire l’accaduto è stato il racconto fatto ai carabinieri da una decina di giovani, tra loro anche una ragazza, intervenuti per sedare la rissa.

L’aggressore ha continuato a colpire Davide mentre era a terra, svenuto, gridandogli “fai schifo. Tornatene da dove sei venuto”.

Davide è stato portato all’ospedale Civico di Palermo, dove è rimasto per quasi due settimane, prima di tornare a casa dei genitori che vivono nell’Agrigentino.

“Visto che c’è l’aggravante dell’odio razziale, non capisco perché l’aggressore di mio figlio non sia in carcere”, disse il padre di David, Giuseppe, dopo che il gip decise di concedere i domiciliari a Cascino.

Il padre di Giuseppe Cascino, Francesco, una ventina di giorni dopo l’accaduto, in un’intervista, aveva sostenuto che quella del figlio era stata una reazione dettata dall’effetto dei farmaci – che prende da quando ha subito un trapianto – combinati con l’alcol.

E aveva aggiunto che la famiglia è religiosa e devota alla Madonna di Tindari.