La Commissione parlamentare d'inchiesta ha messo nero su bianco le accuse al regime egiziano e le responsabilità della sua morte.

Il parlamento italiano ha messo nero su bianco le accuse al regime di Al Sisi circa la morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso all’età di 28 anni nel 2016.

La responsabilità della sua dipartita “grava direttamente sugli apparati su ufficiali della National Security Agency (Nsa) – si legge nella relazione della Commissione d’inchiesta, approvata all’unanimità -. I responsabili dell’assassinio sono al Cairo, negli apparati di sicurezza e probabilmente anche nelle istituzioni. La mancata comunicazione da parte egiziana del domicilio degli imputati, sembra costituire una vera e propria ammissione di colpevolezza”.

Il depistaggio e il silenzio delle autorità egiziane

La nuova udienza davanti al gup di Roma è fissata per il prossimo 10 gennaio.
Intanto emergono le tracce di quello che potrebbe essere considerato un grave depistaggio da parte delle autorità egiziane che, quando il giovane scomparve misteriosamente, dichiararono che non fosse in stato di arresto, né trattenuto in nessuna stazione di polizia. Fino a quando, nove giorni dopo, il suo cadavere è stato ritrovato lungo un’autostrada con evidenti segni di sevizie subite. Giulio, allora, si sarebbe potuto salvare.

I servizi segreti italiani al Cairo segnalarono la presunta apprensione del giovane per le forze di polizia egiziane. Ma il generale Ebeid, uno dei primi interlocutori dell’Nsa, continua ancora oggi a non essere autorizzato a sottoporsi all’interrogatorio della Procura di Roma e, quindi, a non poter dire la verità su quanto accaduto.