Palermo, risolto il giallo del carpentiere ucciso al Cep - QdS

Palermo, risolto il giallo del carpentiere ucciso al Cep

redazione web

Palermo, risolto il giallo del carpentiere ucciso al Cep

lunedì 30 Dicembre 2019

Per il delitto fermato lo zio, che aveva però sparato all'indirizzo di un'altra persona. E secondo quanto emerso dall'autopsia l'artigiano avrebbe potuto essere salvato: fatale sarebbe stata la decisione dei parenti di non chiamare il 118

Per la Polizia di Stato a uccidere Francesco Paolo Lombardino, il carpentiere di 47 anni colpito da un proiettile la notte tra il 26 e il 27 dicembre scorsi a Palermo, è stato lo zio Giuseppe, di 61 anni, che avrebbe colpito per errore il nipote sparando un colpo di pistola indirizzato a una terza persona, Carmelo Torregrossa, con il quale era in corso una lite per questioni di droga.

Il carpentiere, ferito in modo grave nei pressi di piazza Benvenuto Cellini nel quartiere Cep, era stata trasportato nell’ospedale Cervello, dove è morto intorno alle tre del mattino.

Gli inquirenti avevano avviato subito le indagini trovandosi però di fronte a false informazioni e dichiarazioni reticenti da parte dei parenti della vittima, tanto da avere avuto persino difficoltà a individuare il luogo del delitto.
Gli investigatori sono riusciti però a ricostruire la vicenda attraverso un lavoro minuzioso di analisi.

Secondo gli agenti della Squadra mobile, l’obiettivo di Giuseppe Lombardino sarebbe stato Carmelo Testagrossa, un piccolo pusher con il quale aveva litigato per questioni di droga: ventiquattro ore prima del delitto, lo avrebbe ferito con due coltellate alla schiena.

Testagrossa però sarebbe tornato, la notte dopo, sotto casa del suo aggressore, nel quartiere Cep, urlando e lanciando bottiglie e Giuseppe Lombardino e il nipote Francesco Paolo, armati di pistola e coltello, sarebbero scesi in strada a caccia dell’uomo.

Giuseppe Lombardino ha cominciato a sparare contro Testagrossa senza colpirlo. I proiettili hanno invece hanno raggiunto il nipote, ferendolo a morte.

Il depistaggio dei parenti sarebbe iniziato dunque sin dai primi minuti del delitto: invece di fare intervenire i soccorsi hanno portato il ferito direttamente in ospedale con l’auto della sorella, una Toyota Yaris, raccontando però ai poliziotti che ad accompagnare la vittima era stato un automobilista di passaggio.

Il carpentiere poteva essere salvato

Ma la considerazione più agghiacciante è che il carpentiere avrebbe potuto essere salvato: lo ha stabilito l’autopsia condotta dall’istituto di medicina legale del Policlinico.

Fatale per la vittima – colpita all’inguine e morta per dissanguamento – sarebbe stata la decisione dei parenti di non chiamare il 118 e di trasportare direttamente l’uomo in ospedale con l’obiettivo di depistare le indagini della polizia.

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