TRAPANI – Anche nello stile burocratico di un verbale si può cogliere l’imbarazzo di chi si trova in una condizione paradossale e finisce per subirla. Siamo a Trapani, al Comune, e c’è di mezzo una società partecipata al 100 per cento. La “Trapani Servizi” è infatti interamente di Palazzo d’Alì.
È la società che si è occupata della raccolta dei rifiuti e che ora – così come prima – gestisce l’impianto di smaltimento. Ed è la società che ha deciso, dopo diversi tentativi di mediazione con l’Amministrazione, di passare all’azione per recuperare i crediti vantati nel 2021. La strada intrapresa non poteva che essere quella del decreto ingiuntivo: ti chiedo di pagarmi, tu non mi paghi, la Corte dei Conti potrebbe suonare alla mia porta ed allora sono costretto ad utilizzare le maniere forti.
Lo scorso mese di giugno il decreto ingiuntivo va a buon fine. Il Tribunale di Trapani certifica che il Comune deve sborsare 2.943.495,19 euro al lordo dell’Iva. C’è poco da fare, come si dice, dura lex sed lex. Nel frattempo la “Trapani Servizi” continua a conteggiare. E così si presenta un altro credito per i servizi del 2022, pari a 1.209.255,41 euro e parte un’altra diffida. Già che c’è la società s’interroga anche sul primo semestre del 2023, ma non riesce a quantificare. La domanda, tra un numero e l’altro, sorge spontanea: perché il Comune non paga? Perché non può pagare. Non ha un bilancio dal 2021, il relativo consuntivo sta per essere trasmesso al consiglio comunale. A seguire, mancano all’appello il previsionale e consuntivo 2022 ed il previsionale 2023.
Di conseguenza, i crediti della “Trapani Servizi” diventeranno dei debiti fuori bilancio. Ma non finisce qui. C’è una data che avrebbe potuto cambiare le carte sul tavolo e che invece sarà occasione di ulteriore imbarazzo da parte della società. È quella dello scorso 12 settembre. Torna a riunirsi il Cda ed il presidente Mino Spezia comunica che il giorno prima era stato convocato a Palazzo d’Alì e che l’Amministrazione aveva voluto fare il punto sul decreto ingiuntivo. Da qui una sintesi che passava dalla definizione bonaria della vertenza. Il Comune non si sarebbe opposto al decreto ingiuntivo, quindi sarebbe stato acclarato definitivamente il credito, e la “Trapani Servizi” gli avrebbe concesso tempo fino al 30 aprile del 2024 per pagare, senza interessi, annessi e connessi. La condizione dell’intesa era però perentoria: se fai opposizione salta tutto. Il termine di scadenza per farla era il 14 settembre. La questione poteva essere considerata chiusa. Il Cda aveva tirato un sospiro di sollievo.
Il vertice della “Trapani Servizi” torna a riunirsi il 22 settembre ed è un Cda che porta con sé un colpo di scena. Il presidente Spezia si presenta con una nota del Comune inviata alla società il 14 settembre. Cosa c’è scritto? L’Amministrazione ha cambiato idea ed ha deciso di opporsi al decreto ingiuntivo. In soldoni: l’accordo non c’è più, c’è invece l’udienza fissata per il prossimo 4 marzo per dirimere la questione.
La “Trapani Servizi” non può che prenderne atto e chiamare in causa l’avvocato Salvatore Ruggirello, lo stesso che era stato incaricato di recuperare il credito maturato nel 2021.
Per quello del 2022 la società ha scelto di affidarsi ad un altro legale, l’avvocato Antonino Catalano. Il Comune invece dovrà preparare la difesa per rimettere in discussione il debito accumulato in quello che si presenta sempre di più come il suo annus horribilis. Ha da poco approvato il conto consuntivo del 2021 che si porta dietro un disavanzo certificato di 1.678.000 euro. Il clima politico è incandescente perché nel frattempo, con il via libera della maggioranza, è stato approvato l’aumento delle indennità di sindaco, giunta e presidente del consiglio. Adeguamento che utilizzerà soltanto il contributo regionale di 126.000 euro. Ma l’opposizione è salita lo stesso sulle barricate ed il consuntivo con il disavanzo sarà una nuova occasione per chiamare a raccolta la città.