La questione scuola, da inizio pandemia, è stata una delle problematiche più difficili da affrontare sia a livello regionale che nazionale.
Il presidente del Veneto, Luca Zaia, punta a riaprire da lunedì 1 febbraio. La ministra Azzolina aveva dichiarato di ritenersi soddisfatta quando “tutti gli studenti italiani rientreranno in classe“.
Adesso, la crisi di governo complicherà la già difficile situazione. Nel frattempo, non mancano le proteste di professori, studenti e famiglie. Ne abbiamo parlato con Gian Luca Bellisario, presidente dell’Aniped (Associazione nazionale italiana dei pedagogisti), per discutere su uno degli argomenti più spinosi degli ultimi mesi.
Nelle scorse settimane, secondo un’indagine del Cnop (Consiglio nazionale ordine degli psicologi), oltre sei ragazzi su dieci, fra i 14 e i 19 anni, tengono ‘molto’ alla didattica in presenza, anzi, il 54% ne soffre ‘molto’ la mancanza.
“Il disagio psicopedagogico diffuso – commenta Bellisario – ci ha restituito dati allarmanti sull’aumento delle situazioni di stress emotivo e disagio intra ed extrafamiliare”. Negli ultimi periodi, ha sottolineato, sono aumentati anche i casi di violenza domestica e dispersione scolastica, anche alla luce del fatto che la didattica a distanza non ha ottenuto l’efficacia sperata.
“I casi che stiamo affrontando, ad oggi – ha aggiunto il presidente dell’Aniped – e solo per quanto a noi segnalato, superano i 5.500 con una particolare concentrazione nel settentrione d’Italia”. Casi riferiti a minori e famiglie in seria difficoltà che versano in situazioni di disagio socio-relazionale ed economico.
Secondo Bellisario, le scuole dovrebbero essere aperte in tutta Italia, dove possibile, non legando ad un colore, peraltro variabile, la riattivazione della attività didattiche, ma piuttosto alla fotografia attuale e locale di una realtà che deve essere intesa sempre nella sua specificità.
“La scuola è un rapporto tra persone che non deve essere confuso con l’edificio dove tale rapporto si realizza. Il criterio dei colori non corrisponde mai alla realtà socio-educativa della scuola”.
Deprivazione della socialità, problemi economici, disturbi legati alla paura ossessiva della contaminazione, noia, frustrazione, perdita di fiducia nei confronti delle fonti ufficiali di informazione, timore di “non farcela”, aumento delle crisi di panico, irritabilità e reazioni aggressive sono tra i disagi maggiormente segnalati.
In pandemia, per lo psicopedagogista, la riscoperta dell’intimità del nucleo famigliare è, e deve essere sottolineata, come risorsa indispensabile poiché, in essa, si riscoprono i rapporti umani e, quindi, anche la capacità di ogni persona di ritrovarli e, laddove necessario, rinnovarli.
Per Bellisario, il governo si sta muovendo come può, cercando soluzioni possibili. Manca ed è mancata una revisione celere dei criteri di valutazione degli alunni che frequentano le scuole a distanza.
“La media dei voti – aggiunge – non può continuare ad essere un criterio docimologico opportuno, specie quando cambiano le condizioni di insegnamento-apprendimento. Abbiamo proposto e ottenuto dal governo anche la concessione di gigabyte gratuiti per docenti ed alunni che sono costretti ad utilizzare il proprio smartphone per far fronte agli obblighi di frequenza scolastica. Presto – conclude – istituiremo centri pedagogici territoriali, se il Governo, come sembra, accoglierà la nostra proposta, in modo tale da essere capillarmente più presenti in ogni realtà locale”.
Mario Catalano