Deve essere questo il Piano dell’Italia. Andare così piano da sembrare fermi. A Catania si dice “muoviti fermo”. Abbiamo fatto solo il 6% delle opere del PNRR, l’Ue non avendo fatto i compiti non ci paga la tranche, la Corte dei Conti ha già cominciato a bacchettare; perfino Mattarella, a ottant’anni e passa, parla di fare lavorare di maggior lena la PA.
Il ministro Fitto, responsabile del dossier, a questo punto ha capito che si è preso la patata bollente, che però non è quella di Renato Pozzetto. I democristiani della generazione di suo Padre sarebbero andati in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo se avessero avuto 200 miliardi da spendere, ma questi sono altri tempi. La pubblica amministrazione della prima Repubblica non affidava la direzione dei ministeri o dei dipartimenti regionali a consiglieri di Stato, era molto più giovane dell’attuale e più motivata. Oggi la PA italiana ha un’età media che fra Stato ed Enti locali si avvicina ai 60. È ingolfata da norme e pseudo riforme che ne affossano la capacità di spesa, e da controlli e reati nuovi che fermerebbero la penna del burocrate più temerario.
Sembra di essere in quel film comico con Richard Pryor, chi più spende più guadagna, in cui alcuni squattrinati devono spendere una fortuna per ottenere una ancora più grande eredità. Impresa difficile per chi, senza quattrini, non è abituato a spendere. L’Italia da anni, tra debito immenso, patti di stabilità, sistemi politici instabili che si alternano senza costrutto, governi tecnici di lacrime e sangue, ha perso la capacità di spesa da dopo tangentopoli, dal governo Amato più o meno. E non si inventano, dopo trent’anni a “leccare la sarda”, capacità organizzative, competenze e carattere dirigenziale.
In più questa voglia di utilizzare il PNRR questo Governo sembra non averla, lo usa fondamentalmente come deterrente per trattare con l’Europa altro. Il problema è che il Paese ha un debito enorme e non ha grandi capacità finanziarie per sostenere in altro modo una ripresa economica. E se non si riprende, agli italiani, a cui l’inflazione sta mangiando i risparmi, chi glielo dice alle prossime elezioni che avevamo i soldi ma non siamo riusciti a spenderli?
Fitto ha ragione a essere preoccupato e comincia pensare al personaggio di Renato Pozzetto della Patata bollente, un uomo stimato tutto d’un pezzo, che conosce un ragazzo omosessuale che lo salva da un’aggressione fascista. Chissà.
Così è se vi pare.