Progetto Precobias, l'Ue contro la radicalizzazione religiosa - QdS

Progetto Precobias, l’Ue contro la radicalizzazione religiosa

redazione

Progetto Precobias, l’Ue contro la radicalizzazione religiosa

venerdì 06 Novembre 2020

Un'azienda catanese capofila dell'iniziativa finanziata dalla Commissione europea: coinvolte anche le università. Nel novembre 2019 l’Europol aveva rimosso dai social più di ventiseimila post riguardanti lo stato islamico

ROMA – Prima l’attacco del 25 Settembre alla precedente sede francese di “Charlie Hebdo”, poi la decapitazione dell’insegnante Samuel Paty in una banlieue di Parigi e il feroce assassinio nella basilica di Notre-Dame a Nizza di tre persone, infine gli attacchi al centro di Vienna ai primi di novembre. Nel cuore dell’Europa, anche durante la pandemia, l’estremismo rimane un’attualissima minaccia di estrema gravità, foraggiata dal terrorismo che si alimenta attraverso una massiva attività sui social network.

E se almeno il 77% degli adolescenti si è già imbattuto online in contenuti che invocano e incitano a comportamenti violenti, già a novembre 2019 l’Europol dichiarava di avere rimosso dai social network più di 26.000 post riguardanti lo stato islamico.

È solo la punta di un iceberg di pratiche di propaganda sotto copertura di molti estremisti che, sostenendo la violenza senza unirsi ufficialmente ad organizzazioni terroristiche, mirano ad attrarre persone già sul punto di radicalizzarsi attraverso messaggi apparentemente banali e neutrali.
Per rafforzare le capacità di pensiero critico di adolescenti e giovani adulti, concentrandosi sui processi mentali che si attivano quando i giovani si imbattono in argomentazioni estremiste online, nasce il progetto europeo Precobias. Ben sei i paesi coinvolti: Italia, Belgio, Germania, Polonia, Slovacchia e Ungheria.
Il lavoro condiviso tra università pubbliche ed organizzazioni private ha per capofila l’azienda italiana Pmf, specializzata in ricerca e sviluppo nel settore dell’Information and Communication Technology , con sede a Catania e facente parte del cluster Jo Group.

Orientato anche ad insegnanti, operatori ed assistenti sociali impegnati coi giovani, è finalizzato a raggiungere quelli radicalizzati o a rischio radicalizzazione attraverso l’offerta di ricerche analitiche pionieristiche e inedite sul fenomeno e l’offerta di strumenti online atti a prevenire la deriva estremista. La professoressa Catherine Bouko, specialista nell’analisi del linguaggio e della comunicazione presso l’Università di Gand in Belgio, ha fornito nell’ambito del progetto un primo report dopo avere esaminato 3.000 post su Facebook e Instagram da parte di estremisti salafiti: l’analisi ha dimostrato che una percentuale tra il 7 e il 24% dei post in ciascun profilo conteneva una qualche forma di contrapposizione tra i salafiti e altre categorie generiche (non credenti, occidentali, ecc.). Una contrapposizione fondata sul “noi contro di loro” che rappresenta il primo punto di passaggio verso la polarizzazione e, di conseguenza, la radicalizzazione.

Dal report, emergono altresì tre elementi chiave delle argomentazioni salafite, simili alla propaganda dell’auto-proclamato “Stato Islamico”: l’intensificazione di una crisi, richiamando le persecuzioni ai danni dei musulmani e le condizioni dei prigionieri musulmani; la creazione di un’identità collettiva, che fa di prigionieri e terroristi degli eroi cui ispirarsi; l’impossibilità di qualsiasi relazione con “gli altri” per legittimare l’uso della violenza (espressa per lo più solo implicitamente, per eludere gli standard di Facebook ed Instagram ed evitare la rimozione dei post). Tecniche di propaganda non esclusivamente prerogativa degli estremisti salafiti, ma identificate anche analizzando 500 post di estremisti di destra.

Usando queste narrative, gli estremisti puntano ad attivare i cosiddetti “bias cognitivi”: non “errori” del cervello in base all’intelligenza, ma meccanismi naturali del pensiero che deviano dalla razionalità e dal giudizio critico.
Potenti leve che favoriscono disinformazione, polarizzazione e radicalizzazione che, secondo gli inediti studi condotti nell’ambito del progetto Precobias dalle professoresse Diane Rieger e Brigitte Naderer dell’Università Ludwig-Maximilians di Munich, portano a credere non solo che il gruppo di appartenenza sia superiore agli altri, ma a innescare l’ipotesi del mondo giusto attraverso l’uso della violenza. Per sostenere i professionisti e gli operatori a contatto con i giovani, il progetto Precobias offre inoltre Mooc (Massive Open Online Courses, ossia “Corsi online aperti su larga scala”) e risorse didattiche.

I referenti e gli esperti del progetto e le informazioni relative al progetto delle attività di Precobias sono raggiungibili tramite il contact form reperibile sul sito www.precobias.eu.

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