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Catania, psicosi virus, ristoranti cinesi in difficoltà

Ivana Zimbone

Catania, psicosi virus, ristoranti cinesi in difficoltà

sabato 08 Febbraio 2020

Si svuotano i locali di cucina orientale gestiti da asiatici, nessun calo invece per quelli di italiani

CATANIA – La psicosi provocata dalla divulgazione delle informazioni fuorvianti sul Coronavirus non risparmia nemmeno Catania. Nella città etnea i ristoranti di sushi registrano un notevole calo della clientela, senza effettiva ragione.

Ristosushi, da locali di tendenza a luoghi deserti
A Catania, nel corso di pochi anni, il numero dei ristoranti di cucina asiatica è cresciuto a dismisura. E i cittadini sembrano aver accolto con immenso piacere l’offerta, affollandoli così tanto da rendere necessaria la prenotazione anticipata del tavolo e da convincere alcuni imprenditori a fornire persino il servizio a domicilio. Diverse le formule proposte per le abbuffate, come l’all you can eat alla carta o al buffet e il menù fisso. A lavorare in molti di questi esercizi, tanti giovani cittadini, che ricoprono al loro interno i ruoli più disparati. Ma da quando i media hanno iniziato a diffondere notizie su quanto stia accadendo in Cina, una psicosi generale ha indotto la clientela a diffidare dalla frequentazione dei “ristosushi”, gremiti di gente fino a pochi giorni fa, quando il virus circolava già in Oriente senza che nessuno ne parlasse.

A confermare quest’evidenza il proprietario del Ginza, Bangzhu Chi, e il proprietario dell’Etna Wok, Xian Long Ma, che all’unisono dichiarano di “aver registrato una diminuzione importante del numero dei coperti e di osservare nei cittadini la paura di subire un contagio di Coronavirus da un cinese”. Contagio che, stando alle informazioni diffuse dalle autorità competenti, sarebbe quasi impossibile, non essendo stato registrato nessun caso d’infezione in Sicilia.

Dall’emergenza cinese alla discriminazione
L’emergenza sanitaria cinese sembra aver prodotto innanzitutto gravi forme di discriminazione, come è stato sottolineato durante l’incontro, avvenuto a Palermo nei giorni scorsi, tra il presidente della comunità cinese Han Guangrong, il sindaco Leoluca Orlando e il presidente dalla Consulta delle Culture Ibrahima Kobema. A suffragare questa tesi, il fatto che i ristoranti di cucina asiatica di proprietà di imprenditori catanesi non abbiano riscontrato una diminuzione della clientela.
“Il lieve calo ha riguardato solo i giorni coincidenti le festività agatine, come accade ogni anno. Per il resto, nulla è cambiato. Soprattutto perché nel nostro esercizio non esiste personale proveniente dalla Cina, ma solo da Italia, Giappone, Brasile, Filippine. L’origine dei prodotti, poi, fatta eccezione per il salmone proveniente da Alaska, Novergia e Scozia, è tutta locale”. A dichiararlo, il proprietario del Dakoky Sushi Fusion, il tecnologo alimentare Giuseppe Nobile.

La provenienza dei prodotti
Tuttavia, la provenienza degli alimenti utilizzati dai ristoranti di proprietà cinese non sembra differire da quelli italiani: “Posso provare, anche con i documenti fiscali necessari, l’origine al 100% italiana di tutti i prodotti che utilizziamo. L’80% di essi, poi, sono siciliani”, ha chiosato Bangzhu Chi.

I cibi che offriamo sono tutti italiani e per lo più locali. Anche perché non avremmo nessuna convenienza economica a importarli da luoghi più lontani, vivendo in un’isola ricca di pesce. Ma credo che i catanesi temano i cinesi in quanto tali, non i piatti da loro preparati”, ha aggiunto Xian Long Ma.

Il Ministero della Salute: influenza stagionale più pericolosa
Intanto il Ministero della Salute rassicura i cittadini italiani, anche se i principali media sembrano preoccupati di fare il contrario. Il Ministero dichiara nei suoi siti ufficiali che in Italia non esiste alcuna emergenza sanitaria e che i casi ospedalizzati sono solo quelli più gravi, facendo con tutta probabilità sovrastimare la gravità dell’infezione, che può presentarsi anche come un lieve disturbo. Al nuovo n-CoV2019, in Italia, è risultato positivo soltanto un giovane ricercatore italiano, tornato da un viaggio a Wuhan, adesso ricoverato allo Spallanzani di Roma “con modesto rialzo termico e iperemia congiuntivale”. A questo va aggiunta una coppia di turisti cinesi ricoverata come lui in isolamento all’interno della stessa struttura. I fattori di rischio rimangono l’aver viaggiato nelle zone della Cina in cui il nuovo Coronavirus sta circolando e l’essere stati a contatto con persone infette.

Le precauzioni, invece, quelle consigliate per l’influenza stagionale: lavarsi frequentemente le mani, indossare una mascherina nei luoghi a rischio se si accusano già i sintomi, l’isolamento volontario a casa di coloro che si trovano in stato febbrile, una buona igiene respiratoria.

Ed è proprio l’influenza stagionale, in realtà, a preoccupare di più i medici. Vicina al suo picco massimo, secondo quanto comunicato dall’Istituto Superiore della Sanità, dal 27 gennaio a oggi ha già coinvolto circa 4.266.000 persone in Italia. Sono stati molti i ricoveri a causa delle complicanze dell’infezione, mentre i decessi “solo” 15 in 5 settimane.

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