Ci si può aspettare che Vladimir Putin arrivi alle minacce nucleari contro l’Occidente se l’Ucraina continuerà a resistere all’invasione russa. E’ quanto è emerso da un nuovo rapporto della Defense Intelligence Agency, citato da Bloomberg.
Gli scenari di guerra in Ucraina hanno fatto spolverare i protocolli di comportamento in caso di attacco nucleare. L’Italia dopo dodici anni ha aggiornato il piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari che “individua e disciplina le misure necessarie a fronteggiare le conseguenze di incidenti in impianti nucleari di potenza ubicati oltre frontiera, ossia impianti prossimi al confine nazionale, in Europa e in paese extra europei”.
La guerra nell’est dell’Europa sembra lontana dall’Italia e dalla Sicilia, in particolare. Di fatto non è così. Considerando l’arsenale bellico di cui dispone la Nato in diverse parti della penisola e la sua presenza fino ai confini con l’Africa.
Le basi NATO in Italia sarebbero 120, il quotidiano Il Messaggero afferma che potrebbero essere 140, l’ubicazione delle 20 basi e la loro operatività sarebbe conosciuta soltanto in qualche Ufficio di Palazzo Chigi.
Gli uomini e le donne in divisa americana, che contribuiscono ad alimentare la ricchezza nei territori che ospitano le basi, sarebbero circa 13 mila.
La più importante base Nato si trova in Sicilia, a Sigonella, “camuffata” all’interno della infrastruttura aeroportuale dell’Aeronautica Militare italiana. L’altro impianto della Marina militare americana è il Muos (Mobile User Objective System), che serve per controllare i droni che decollano da Sigonella, si trova nella sughereta di Niscemi. Nella stessa area naturale protetta, ad uso esclusivo degli americani, dal 1994 insiste la stazione per le trasmissioni radio navali (Nrtf).
Attualmente da Sigonella si levano i droni spia, i Global Hawk, utilizzati dalla Nato per monitorare i movimenti dell’armata al comando di Putin, in particolare al confine con l’Ucraina.
Sempre da Sigonella, gemella delle basi in Germania e in Nevada, decollano i “Triton” e i “Reaper”, così detti droni killer.
In Sicilia non dovrebbero esserci depositate testati nucleari.
Le 70, di cui si ha notizia (sempre secondo Il Messaggero), sarebbero depositate nelle basi di Aviano (PN) e Ghedi (LT).
Si tratta di ordigni nucleari, denominati B61(3-4-7), che non sarebbero abbastanza potenti per mettere in difficoltà il nemico.
Tuttavia, nonostante il basso potenziale bellico nucleare depositato in Italia e la presenza in Sicilia di strutture militari strategiche a livello planetario, tra la popolazione monta la preoccupazione su cosa potrebbe accadere nell’eventualità che Putin passasse dalla minaccia di una guerra nucleare all’azione.
In questo caso la Sicilia, considerata la posizione centrale nell’area mediterranea, potrebbe essere un obiettivo sensibile.
Nella malaugurata ipotesi, entro 15 minuti si attiverebbero le prime testate nucleari – delle 1500 armate e pronte ad essere lanciate – della seconda potenza nucleare al mondo.
La risposta degli USA sarebbe proporzionale all’offesa, anche se portare l’umanità alla distruzione totale non conviene a nessuno.
Ben lontani dal fare terrorismo, non crediamo che uno scenario del genere possa essere possibile. Per quanto la follia umana non abbia limiti, come detto sopra, occorrerebbe un’azione condivisa da una moltitudine di persone. E chiunque possa pensare anche minimamente a una cosa del genere, è consapevole che una tale azione avrebbe conseguenze probabilmente definitive e irrimediabili.
Nello scenario attuale, avvalendoci di strumenti attualmente disponibili a tutti, abbiamo voluto fare una simulazione per sottolineare quanto l’eventualità di seguito descritta, proprio per gli effetti che avrebbe e per quello che comporterebbe, è assolutamente inverosimile. Allora perché riprodurla? Proprio per far capire (o solo immaginare) a chi non la conosce l’effetto distruttivo di una tale azione. Prendetela come si prende un film. Può essere utile per fare delle riflessioni.
Fatta questa doverosa premessa, che effetti avrebbe in Sicilia un attacco nucleare, ovvero se venisse sganciato un ordigno – del tipo B61, tra quelli custoditi nei depositi italiani – a Sigonella, piuttosto che sulle tre Città Metropolitane di Palermo e Catania?
QdS si è avvalso di un simulatore on line gratuito per testarne gli effetti.
Nukemap è un’applicazione che calcola le conseguenze della detonazione e il raggio di azione, stimando anche le vittime e i feriti (ovviamente è poco più di un gioco, utile solo per fare qualche riflessione finale).
Se dovesse essere sganciato un ordigno nucleare B61-7 sulla Città di Catania, secondo l’applicazione, si conterebbero circa 160 mila vittime e oltre 217 mila feriti.
Lo stesso scenario a Palermo provocherebbe oltre 270 mila morti e circa 286 mila feriti.
Secondo il programmatore dell’applicazione, Alex Wellerstein, esperto di armi nucleari e docente presso lo Stevens Institute of Technology di Hoboken, nel New Jersey, il numero dei feriti è determinato dai comportamenti delle persone dopo la detonazione.
A tal proposito la rete dispensa tanti consigli su come e cosa fare. QdS riporta le indicazioni del professor Brooke Buddemeier, specialista in sicurezza dalle radiazioni, presso la direzione della sicurezza globale del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL).
Trovare riparo o evacuare? Il punto è prepararsi all’evento, cosa che di fatto non è avvenuto. Almeno fino adesso.
La Sicilia non ha un piano di azione in caso di detonazione nucleare. Il Dipartimento Regionale di Protezione Civile attende i dettagli del Piano nazionale.
«Si spera che non dovremmo mai ricorrere all’attivazione del piano di emergenza – afferma Buddemeier, in una delle sue conferenze sulla materia – ma se necessario saremo in grado di dare risposte adeguate».
In conclusione i consigli dell’esperto, nel caso di detonazione nucleare, (missile o ordigno fatto esplodere a terra) sono i seguenti: portarsi in un seminterrato o al centro dell’edificio (quindi non esporsi alla finestra); prevedere di rimanere al sicuro da 12 a 24 ore; restare sintonizzati con una radio AM/FM, le torri radio al di fuori della zona dell’impatto continueranno a funzionare.
Insomma, conoscenza, preparazione e una chiara comunicazione possono salvare molte vite.