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Ragusa, caso Tumino-Spampinato, indagini riaperte, ecco perché

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Ragusa, caso Tumino-Spampinato, indagini riaperte, ecco perché

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domenica 20 Giugno 2021

A distanza di quasi cinquant’anni, il delitto dell’ingegnere Tumino e del giornalista Spampinato, rimangono ancora senza autori, senza mandanti e senza un preciso movente

Un pezzo d’antiquariato che vale
un milione di euro, un furto misterioso, il gruppo sanguigno di uno sconosciuto
e due omicidi così lontani e così vicini, ai quali se ne potrebbe aggiungere un
terzo.  Ecco cosa emerge dai due cold
case e dalla riapertura delle indagini – anticipata da AGI il 7 giugno scorso e
ripreso in un articolo realizzato dal direttore Paolo Borrometi – sull’omicidio
di un ingegnere, Angelo Tumino, e quello conseguente del giornalista Giovanni
Spampinato.

Secondo quanto riporta Agi “I
due omicidi turbarono la quiete iblea nel 1972
. Quello dell’ingegnere, su
cui indagava il giornalista dell’Ora il 25 febbraio. Quello del giornalista,
otto mesi e due giorni più tardi, il 27 ottobre. Riannodando i fili dei due
casi, si trovano tanti punti oscuri, incredibilmente lasciati tali
nell’immediatezza dei fatti. E si comprende come il giornalista fosse più
avanti di quanto le indagini avessero (o volessero?) dimostrato.

La certezza, forse l’unica, fu
che la mano omicida che spezzò la vita al cronista fosse quella del figlio
dell’allora presidente del Tribunale del capoluogo ibleo, Roberto Campria. Il
medesimo sul quale Spampinato aveva indirizzato i sospetti per il primo
omicidio. V’immaginate cosa voglia dire indirizzare articoli e sospetti sul
figlio del presidente di un Tribunale? Ed allora riannodiamoli questi fili”.

Continua l’articolo realizzato da
Borrometi: “L’ingegnere Angelo Tumino – che Spampinato definisce
“ex playboy, già esponente del MSI, già costruttore edile, da alcuni anni
si occupava quasi esclusivamente di antiquariato” – venne ucciso verso le
18:30 del 25 febbraio. Ed il cronista, battendo la pista dell’antiquariato,
nell’articolo del 28 aprile 1972 scrisse di un “pezzo di gran
pregio”. Un pezzo che doveva essere trafugato “nel deposito di
materiale di antiquariato di Ibla di proprietà di Angelo Tumino”.

Ma a che pezzo fa riferimento Giovanni
Spampinato
? Secondo quanto l’AGI ha avuto modo di verificare ad un cratere
con quadriga, ovvero un vaso attico, riconosciuto informalmente come autentico
da un funzionario (ed esperto) della Soprintendenza di Siracusa dell’epoca,
pochi giorni prima dell’omicidio dell’ingegnere. Un pezzo che, secondo fonti
qualificate, valeva all’epoca fra 80 e 100 milioni di lire. Soldi che
rivalutati oggi a distanza di mezzo secolo, farebbero la cifra di quasi un
milione di euro.

L’affare dell’antiquariato,
il medesimo che nel ragusano ed in altri luoghi consentiva di fare soldi a
palate, spesso utilizzati non solo per arricchimento personale, ma anche per
finanziare le peggiori trame del Paese, dagli estremismi alle mafie. Lo stesso
affare che, negli stessi anni, portò al grave furto dal museo di Ragusa di una
preziosissima “testina” rinvenuta nel corso nella campagna di scavo
nel 1972 a Camarina. Un vero e proprio traffico di reperti archeologici, del
quale con ogni probabilità ne faceva parte anche il cratere con quadriga a cui
si riferiva Spampinato e che apparteneva all’ingegnere Tumino”.

Il direttore di Agi scrive
ancora: “Tasselli di un mosaico difficile da ricomporre, al quale va aggiunto
un altro elemento ed un’altra morte misteriosa: nell’estate del 1970 un noto
restauratore di Ragusa Ibla, Salvatore Guarino, spesso incaricato da Tumino ad
effettuare lavori di restauro su suoi reperti archeologici, venne trovato in
possesso di più crateri attici, di sicura provenienza delittuosa. E lo stesso
restauratore nel giorno dell’Epifania del 1973, morì folgorato sul campanile
del duomo di San Giorgio di Ibla, proprio mentre erano in corso le indagini
sull’omicidio del Tumino.

Tornando all’omicidio
dell’ingegnere, sulle colonne dell’Ora il 7 luglio 1972 Spampinato scriveva:
“Molte persone, una decina o forse più, hanno visto l’ing. Tumino in
compagnia del suo assassino. Tutti descrivono il misterioso personaggio come un
giovane di non piu’ di trent’anni, col viso affilato, con gli occhiali, vestito
di scuro”.

Il cronista, neanche tanto
velatamente, faceva cadere i sospetti proprio sul giovane Campria a cui,
sostanzialmente, corrispondeva la descrizione. Ecco l’incredibile scoperta dei
giorni nostri. Fra le carte accantonate nel fascicolo dell’omicidio
dell’ingegnere
, si ritrova una relazione del medico legale:
nella macchina del malcapitato – una NSU Prinz senza il sedile accanto al posto
di guida (era stato rimosso per ricavare un ampio planale di carico per il
materiale di antiquariato) – il giorno della morte venne repertato un sacco di
juta posizionato nel sedile posteriore, accanto all’omicida. Nei filamenti del
sacco vennero individuati due gruppi sanguigni: il primo, del Tumino (gruppo A)
il secondo di un ignoto, gruppo B.

Chissà cosa avrebbe scritto
Spampinato se avesse saputo questo dettaglio relativo ad un gruppo sanguigno,
il B, che com’è noto non è così diffuso. Di chi era? La risposta, a 49 anni di
distanza, potrebbe già essere in possesso degli inquirenti che hanno riaperto
le indagini, le sezioni di polizia giudiziaria di Finanza e Polizia di Stato,
coordinati dal procuratore di Ragusa Fabio D’Anna e dal sostituto Santo
Fornasier.

“E se tutto ciò non bastasse –
conclude Borrometi nella lunga ricostruzione dei fatti – anche l’orario
dell’omicidio del Tumino
, posto nel tardo pomeriggio dalle relazioni
dell’epoca, potrebbe essere rivisto di qualche ora. Se anche questo
elemento convergesse, si aprirebbe uno spiraglio forse definitivo
nell’individuazione del colpevole di quell’omicidio. E mostrerebbe, qualora
ancora oggi ce ne fosse bisogno, quanto attento e scrupoloso fosse stato il
lavoro del giornalista Giovanni Spampinato. Purtroppo dimenticato”.

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