Recovery: scuole cablate, sviluppo della telemedicina e passaggio all’idrogeno, ma soprattutto rinascita del Mezzogiorno.
E’ quasi ultimato il restyling del Piano nazionale di ripresa e resilienza del governo presieduto dal premier Mario Draghi, per ben 221 miliardi, che oggi farà un primo passaggio in Consiglio dei ministri per ottenere il via libera finale solo dopo avere incassato il nuovo ok delle Camere.
Lunedì e martedì prossimi, infatti, Mario Draghi illustrerà il piano alle Camere – che ieri hanno approvato Def e scostamento di bilancio di quaranta miliardi – e tra il 28 e il 29 aprile il voto finale del Pnrr, poi l’invio alla Commissione Ue il trenta.
Il Piano, che vale tre punti di Pil, prevede investimenti in infrastrutture green, rifinanziamento del Superbonus, fondi per economia circolare, mobilità sostenibile e banda larga. Ma anche Sanità, come ha sottolineato il ministro Roberto Speranza.
Quasi venti miliardi alla Sanità
“Siamo in una fase decisiva nella battaglia contro il Covid – ha spiegato – ma anche in un momento cruciale per il Servizio sanitario nazionale, con la grande opportunità dei fondi europei per progettare la Sanità del futuro”.
Speranza ha parlato di “risorse senza precedenti: 19,7 miliardi”.
“La parola chiave per il rilancio del Ssn – ha concluso – è prossimità: un Servizio sanitario vicino alle persone e alle loro esigenze e in grado di dare risposte”.
Metà dei fondi al Mezzogiorno
E quasi la metà dei fondi complessivi sarà destinato al derelitto Meridione, quel Sud finora abbandonato da politiche, non solo leghiste, che hanno sfacciatamente privilegiato il Nord.
La circostanza è stata ufficialmente confermata nel Question time alla Camera dell’altroieri dalla ministro per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna, che ha dichiarato: “Sarà cruciale un’opera di riforma, di semplificazione burocratica e di irrobustimento della capacità della Pa tale da mettere gli enti locali e le imprese del Sud nelle condizioni di operare ad armi pari con i loro omologhi del Centro Nord”.
D’altronde l’Europa, che mette i soldi per il Recovery, era stata chiara: senza Mezzogiorno l’economia italiana non potrà mai decollare.
Ecco perché il commissario europeo Paolo Gentiloni ha parlato di “inizio di una nuova fase per ricostruire meglio la nostra economia”.
Il Sud e la questione ponte
Sfumata poi la possibilità di far partire con i fondi del Recovery i lavori per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, si cercano nuove soluzioni, come quella proposta della senatrice Silvia Vono, presidente dell’Intergruppo parlamentare per la creazione del Ponte e vicepresidente della Commissione Trasporti di palazzo Madama, a margine dell’incontro al Senato con l’amministratore della We Build (ex Salini-Impregilo), Pietro Salini.
Per Silvia Vono, con il Ponte si creerebbero “migliaia di posti di lavoro per il rilancio dell’intera economia del Paese, strettamente legato al potenziamento dei servizi, del turismo e dal rafforzamento della manifattura e da una migliore partecipazione del Sud al sistema degli scambi internazionali”.
Vono, farlo ugualmente con le Regioni
“Il mancato inserimento dell’opera nei progetti del Recovery – ha aggiunto – apre un nuovo scenario che vede l’azienda pronta a sostenere in gran parte l’opera con risorse proprie e il restante che potrebbe arrivare dalle Regioni coinvolte, decise al restart del vecchio progetto ma soprattutto pronte a rivolgersi al mercato finanziario per reperire i fondi mancanti”.
“Diverse anime del Parlamento – ha concluso – ritengono che il Ponte sia un’opera a cui l’Italia non può rinunciare, dobbiamo andare avanti perchè senza Ponte sullo Stretto l’Alta Velocità al Sud non è realizzabile”.