Giovanni Cattarino
già Consigliere della Corte costituzionale e Capo Ufficio Stampa
L’attuale sistema di riscossione coattiva necessita di urgenti e radicali riforme. È la raccomandazione contenuta nella sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2021 (consultabile su www.cortecostituzionale.it).
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Venezia aveva rinviato alla Corte una norma del 2009 che fissava l’aggio, il corrispettivo dovuto all’agente della riscossione per i costi sostenuti, ritenendo che il suo ammontare, fissato nella misura dell’8% delle somme iscritte a ruolo e posto in larga parte a carico del contribuente, penalizzasse eccessivamente quest’ultimo, che aveva comunque assolto al suo dovere fiscale, seppure tardivamente. La configurazione dell’aggio risultante dalla norma impugnata è rimasta a tutt’oggi sostanzialmente inalterata anche dopo la riforma del 2015 in tema di riscossione.
La Corte rileva che l’aggio deve coprire i costi della riscossione del credito fiscale anche tenendo conto dei casi in cui l’esecuzione del debitore si sia rivelata infruttuosa. Ciò purtroppo si verifica con grande frequenza, come denunciato da una fonte autorevole quale la Corte dei Conti: l’indice di riscossione nel primo ventennio del secolo si attestava su un misero 13,3% (133,4 M.di) di un carico netto di ruoli del valore di circa1000 miliardi (il c.d. “magazzino”). Cifra che non ha uguali nel panorama europeo.
Accade così che i costi della riscossione sono fortemente condizionati dall’abnorme dimensione delle esecuzioni infruttuose e quindi vanno ad incidere in misura sproporzionata sul contribuente che, sebbene inadempiente nella fase di accertamento del tributo, ha successivamente saldato il proprio debito tributario. In altri termini, i costi del cosiddetto “non riscosso” vengono addossati al contribuente solvente. Il giudice rimettente chiedeva una pronuncia “additiva”: la Corte avrebbe dovuto introdurre dei contemperamenti, quali l’introduzione di una “forchetta” entro cui calcolare l’aggio o commisurarlo ai costi effettivamente sostenuti per riscuotere il credito, a prescindere dall’entità delle somme in gioco.
La Corte decide per l’inammissibilità della questione perché ritiene che spetti al legislatore, nella sua discrezionalità, adottare le misure che, oltre ad alleviare il peso che attualmente grava sui contribuenti solventi, migliorino il meccanismo della riscossione coattiva riducendo la cosiddetta “evasione da riscossione”. La Corte sottolinea che un intervento legislativo si rende necessario per eliminare l’anomalia italiana del gigantesco “non riscosso” e garantire così allo Stato le risorse necessarie alla realizzazione di quell’ eguaglianza effettiva tra cittadini richiesta dal l’art. 3, secondo comma, Cost. Considerato che l’istituto dell’aggio può ritenersi anacronistico, dato che ormai la presenza dell’esattore privato va riducendosi e la riscossione è stata accentrata in un ente pubblico, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, il legislatore può rimediare all’ attuale, insoddisfacente situazione in diversi modi. Prevedendo criteri e limiti per la determinazione di un “aggio” proporzionato ai costi effettivamente sostenuti. Oppure farcendo ricadere l’onere della riscossione sulla fiscalità generale, come ormai avviene nella maggioranza dei Paesi europei.
Il mondo politico ha preso in considerazione le sollecitazioni provenienti dalla Corte. Tuttavia, secondo quanto riportato dalla stampa il costo della fiscalizzazione dei costi della riscossione, calcolabile in oltre 800 milioni, non sembrerebbe al momento sostenibile.