Intervistato dal vice direttore Raffaella Tregua, il direttore generale dell’Azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania, Salvatore Giuffrida, risponde alle domande del QdS.
Sembrava il Covid-19 fosse andato via, ma era solo un’illusione. Quali altre misure possiamo adottare per affrontare questa nuova emergenza? Qual è il quadro della situazione?
“Da medici sapevamo dall’inizio che l’andamento della pandemia avrebbe avuto delle ciclicità, perché è così che accade per tutti i virus. Loro non leggono i Dpcm e non sono sensibili alle leggi, compiono la loro naturale evoluzione e mutano. La recrudescenza nel periodo estivo non l’aspettavamo, ma non siamo impreparati. L’azienda ha riconvertito parte dei reparti di medicina e malattie infettive, ma lo ha fatto già a metà maggio, dopo una riflessione con il Commissario Straordinario per l’emergenza Covid e notando la maggiore pressione sul Pronto Soccorso. Disponiamo di settanta posti letto dedicati e sei di terapia intensiva sui 22 disponibili. I sei posti oggi sono tutti occupati. All’interno di questi reparti, grazie a un lavoro di riorganizzazione degli spazi, abbiamo realizzato in poco tempo aree sicure per pazienti non affetti dal virus. Il Cannizzaro, inoltre, permette il trattamento con anticorpi monoclonali. In Sicilia Orientale siamo organizzati e abbiamo fatto rete. Il numero di posti letto, farmaci, rianimazione, la convenzione con la Croce rossa evidenziano dinamismo”.
Nei mesi scorsi, gli infettivologi catanesi hanno lanciato l’allarme sui dati falsati di morti a causa del virus. Molti erano in ospedale per altre patologie, vengono contagiati e in caso di decesso vengono conteggiati come vittime del Covid. Non sarebbe opportuno fare una distinzione?
“Il Covid, nella variante Omicron 5, pare attacchi le vie aeree superiori e non quelle profonde, quindi la complicanza respiratoria è meno importante e la vaccinazione continua ad avere efficacia”.
La campagna vaccinale sembra aver perso la propria spinta. Conferma questo rallentamento?
“È così. Le persone pensano ‘tanto non lo prendo lo stesso’, ignorando la possibilità di non avere la stessa risposta immunitaria senza la dose booster. La Sicilia paga inoltre uno scotto: vive di turismo e per questo corre il rischio di vedere aumentare i contagi anche sui posti di lavoro”.
Quali sono i principali investimenti fatti nei primi sei mesi del 2022 per potenziare i servizi sanitari?
“Abbiamo avuto finanziato l’ampliamento del Pronto soccorso, approvato il progetto esecutivo, individuato il direttore dei lavori e prevediamo per le prossime settimane l’apertura del cantiere. Abbiamo in progetto il primo eliporto del Sud Italia, già approvato da Enac. È stato ottenuto un investimento dall’Assessorato regionale alla Salute anche per il nuovo Poliambulatorio e sono stati acquistati macchinari di ultimissima generazione che ci collocano tra le aziende sanitarie più all’avanguardia. La tecnologia in sanità si evolve nel giro di settimane”.
Fare prevenzione è sempre più essenziale, ma un ostacolo verso di essa, in particolare nella provincia di Catania, sembra essere la paura di sapere. Un atteggiamento che, unito alla separazione creata dal Covid-19 dagli appuntamenti di prevenzione, rischia di incidere sulla statistica finale e sulla possibilità di salvare quindi delle vite. La possibilità di prenotare uno screening gratuito al seno è stata garantita in questi anni (a eccezione del 2020 a causa pandemia) dall’iniziativa ‘Maggio In..forma’, patrocinata dal Comune di Catania e dall’assessorato alla Salute della Regione Siciliana e organizzata da Andos, Comitato di Catania e Fondazione Etica e Valori Marilù Tregua, con il sostegno del Quotidiano di Sicilia. Spesso però capita che alla prenotazione dell’appuntamento non segua poi l’ingresso in ospedale per la mammografia. Lei come motiva tali atteggiamenti?
“L’età di chi contrae un tumore si è abbassata molto e la prevenzione si è ridotta a causa della pandemia da Covid-19, tuttavia un’altra causa molto presente è proprio la paura di sapere. È un problema culturale, non organizzativo, ed è prettamente meridionale. Nelle realtà più piccole è addirittura peggio. Per questo bisogna stare molto attenti alle campagne, preferendo rassicurare l’utente che evidenziare il solo rischio di morte. È questo per esempio il motivo per cui è fallita la campagna contro il tabagismo. La collaborazione tra pubblico e privato e terzo settore, anche in questa circostanza sarà fondamentale. Fermo restando che anche noi continueremo a portare avanti periodi di sensibilizzazione per ogni tipo di tumore”.
Al Quotidiano di Sicilia sono arrivate diverse segnalazioni circa l’atteggiamento non sempre cordiale del personale ospedaliero. Specialmente nei Pronto soccorso, secondo quanto ci è stato riferito, si assisterebbe a un ‘ampliamento’ del rapporto medico-paziente, che coinvolgerebbe spesso anche la famiglia, ricreando circostanze che sono spesso balzate anche agli onori della cronaca…
“Non è giustificabile la presenza di una vera processione di parenti che vanno a trovare il paziente ricoverato. Anche a causa della pandemia abbiamo dovuto applicare un filtro più marcato fin dal Pronto soccorso. A riguardo, a Catania o Palermo, si va erroneamente al Pronto soccorso per una semplice una febbre ed è certamente una scelta sbagliata e con insito il rischio di sovraccaricare il personale medico in servizio. Un pool di quattro psicologi è stato istituito al Pronto soccorso del Cannizzaro e sarà a breve operativo, per agevolare e favorire la comunicazione tra paziente e personale dipendente e abbiamo provveduto anche ad avvicinare il posto di Polizia per evitare lo sfociare in atti violenti. L’azienda ospedaliera è stata dotata di 590 posti letto e quando si diventa attrattivi questi numeri crescono. Si pensa che un solo ospedale possa servire tutti, ma non è così. Serve un’evoluzione educativa che ricostituisca i ruoli di personale e utente, tornando a immaginare centrale l’idea dell’ospedale come bene comune”.