È stato prelevato il campione di Dna di Olesya Rostova, la giovane russa che attraverso la tv ha lanciato un appello per ritrovare la sua mamma. Il dato verrà confrontato con il Dna di Piera Maggio, la madre di Denise Pipitone, scomparsa il 1° settembre del 2004 – ben 17 anni fa – da Mazara del Vallo, nel Trapanese, alla tenera età di 4 anni.
Ieri sera, durante la puntata di Chi l’ha visto? in onda ogni mercoledì su Rai 3, è stato diffuso il disperato appello di Olesya Rostova. La ragazza ha raccontato di essere stata rapita da piccola e di non ricordare nulla della propria identità d’origine. Non ha documenti, non conosce la sua provenienza; il nome le è strato attribuito a posteriori da un orfanotrofio a cui è stata affidata all’età di 5 anni, dopo aver vissuto chiedendo l’elemosina e credendo che quella donna rom fosse davvero sua madre.
Nei giorni scorsi una telespettatrice della tv russa, ricordando il caso di Denise Pipitone, aveva segnalato la stroardinaria somiglianza della giovane a Piera Maggio e la coincidenza suggestiva dell’età (Olesya ha oggi 20 anni, esattamente quanti ne avrebbe Denise se fosse viva).
La mamma della piccola scomparsa non era presente in studio perché in convalescenza a seguito di un intervento chirurgico, ma ha inviato un audio in cui è sembrata poco convinta circa l’effettiva opportunità di aver finalmente ritrovato la figlioletta.
A fare le sue veci l’avvocato Giacomo Frazzitta, che assiste da 17 anni la famiglia Pipitone. Il legale ha raccontato come Piera Maggio si sia illusa più volte nell’arco degli anni di aver ritrovato la sua bambina, rimanendo puntualmente delusa. La donna ha girato il mondo, si è spinta fino in Messico, riportando a casa soltanto il suo immenso dolore. Eppure continua a cercare la sua bimba in vita. Soprattutto dopo il video registrato da una guardia giurata nel 2005 – un mese dopo la scomparsa di Denise – davanti a una banca di Milano, che secondo la donna mostrerebbe proprio sua figlia.
Nel filmato si vede una bambina – mai trovata né identificata – praticamente identica a Denise, in compagnia di una donna rom che la chiama “Danas”. Il testimone racconta di averle offerto una pizzetta e di aver notato il suo accento siciliano mentre chiedeva alla donna: “Dove mi porti?”. Non solo, la guardia giurata ha ricordato di aver visto un graffio sotto l’occhio della bambina, lo stesso che Denise aveva al momento della scomparsa, nonché la sua poca affezione nei confronti della rom.
Adesso si attendono le risultanze del Dna, ma il confronto delle foto di Olesya da bambina e di Denise – poco prima della scomparsa – non lasciano ben sperare. E sembra pure remota l’ipotesi che la piccola sia stata portata in un luogo così distante da Trapani e difficile da raggiungere senza passare alcun controllo. È più probabile invece che Olesya sia stata rapita proprio da una famiglia in Russia.
Per la scomparsa di Denise Pipitone è stata a lungo indagata la sorellastra Jessica Pulizzi, accusata di averla rapita per gelosia con la complicità della madre e dell’ex fidanzato, il tunisino Gaspare Ghaleb. Infatti Denise era stata concepita da suo padre (Piero Pulizzi) in una relazione extraconiugale e riconosciuta dal marito di Piera Maggio, Toni Pipitone, che ha creduto alla sua paternità fino al momento della scomparsa della bambina. La famiglia Pulizzi – composta da Piero Pulizzi, dalle figlie Jessica e Alice, nonché dalla moglie Anna Corona – conosceva invece le origini biologiche di Denise.
Jessica Pulizzi – che all’epoca dei fatti aveva soli 17 anni – è stata però assolta anche dalla Cassazione nel 2017 per insufficienza di prove. Tra gli indizi a suo carico più consistenti, un’intercettazione ambientale in cui sua madre – Anna Corona – le chiese cosa avesse fatto quel primo settembre, giorno della scomparsa della Pipitone. Jessica rispose: “Io a casa ci ’a purtai” (Io a casa gliela portai).
Secondo l’accusa, la ragazza raccontava di aver rapito la bambina per portarla a casa del padre, per avere da lui la conferma che fosse davvero sua figlia. Non trovandolo, avrebbe consegnato la piccola a terzi di sua conoscenza.
Da qui l’accusa di sequestro di persona e il processo in cui lo stesso Piero Pulizzi decise di costituirsi parte civile. Nemmeno la versione fornita alla madre convinse gli inquirenti, perché – mentre Denise spariva – il cellulare della sorellastra agganciava proprio le celle telefoniche della zona in cui fu prelevata. In un’altra intercettazione Jessica parlava con la sorella Alice così: “Quannu eramu ’n casa, a mamma ha ucciso Denise”.
Piera Maggio ha denunciato diversi errori degli inquirenti, avvenuti soprattutto nelle fasi iniziali – le più importanti – delle ricerche. Per esempio, i carabinieri si recarono a casa di Anna Corona per fare ispezione, ma l’appartamento in cui furono eseguiti i rilievi era quello sbagliato: la donna aveva accolto i militari nell’abitazione di una vicina.
La speranza è quella di poter riabbracciare la sua bambina e che qualcuno – come suggerisce l’avvocato Frazzitta – “inciampi in Denise Pipitone”. Com’è accaduto adesso con Olesya.