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Si suicidò in carcere a Messina, la Corte Ue dei Diritti dell’Uomo condanna l’Italia

redazione web

Si suicidò in carcere a Messina, la Corte Ue dei Diritti dell’Uomo condanna l’Italia

venerdì 26 Giugno 2020

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato il governo italiano al risarcimento danni nei confronti di Santo Citraro e Santa Molino, genitori di Antonio Citraro, che si è suicidato nel carcere di Messina il 16 gennaio 2001, quando, per la cronaca, presidente del Consiglio era Giuliano Amato.

Dopo la sua morte, il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Messina aveva rinviato a giudizio il direttore della casa circondariale della città siciliana e alcuni agenti della polizia penitenziaria, accusati di omicidio colposo e altri reati.

Il tribunale, la Corte di Appello di Messina, la Corte di Cassazione hanno escluso la responsabilità degli imputati.

I genitori di Citraro, assistititi dall’avvocato Giovambattista Freni, si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo coinvolgendo nel giudizio internazionale il governo italiano e addebitando la violazione di norme della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

La Corte europea ha accolto la loro richiesta, contestando il difetto di diligenza da parte delle autorità italiane, che hanno sottovalutato il rischio reale e immediato che Citraro potesse commettere atti di autolesionismo.

Inoltre, la Corte europea contesta all’esecutivo italiano il fatto che nelle carceri “devono essere sempre adottate le misure di protezione della vita dei detenuti, a prescindere dai delitti per i quali sono accusati. In definitiva, la Corte ha affermato il principio che deve essere garantito il diritto alla vita del detenuto, al quale deve essere assicurato trattamento umano e non degradante”.

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