Slow Food, "Covid? Proporre cibo buono giusto modo per ripartire" - QdS

Slow Food, “Covid? Proporre cibo buono giusto modo per ripartire”

Antonino Lo Re

Slow Food, “Covid? Proporre cibo buono giusto modo per ripartire”

lunedì 26 Luglio 2021

Ai nostri microfoni è intervenuta Roberta Billitteri entrata recentemente nel Consiglio direttivo di Slow Food Italia. Numerosi gli argomenti affrontati su progetti e sfide future dell'associazione

L’emergenza pandemica e le sue numerose conseguenze hanno riacceso l’attenzione su temi quali cibo ed alimentazione. Tra le realtà che se ne occupano quotidianamente c’è, senza dubbio, Slow Food, che ha recentemente rinnovato i suoi organi di governo italiani ed ha eletto, nel Consiglio Direttivo Nazionale, la catanese Roberta Billitteri. Il Quotidiano di Sicilia l’ha intervistata per conoscere la sua storia e per approfondire progetti e sfide future dell’associazione fondata da Carlo Petrini.

Come è arrivata a Slow Food Italia? Qual è stato il suo percorso professionale nel settore agroalimentare?

“Dopo una laurea in Scienze Politiche a Catania ed un Master in Affari Internazionali a Milano mi sono occupata di Comunicazione, Fund Raising, Scambi Giovanili e Turismo Responsabile. Ho incontrato Slow Food nel 2009 quando ho scelto di trasferirmi, insieme a mio marito che ne era originario, a Polizzi Generosa, piccolo Comune nel cuore del Parco delle Madonie, per occuparmi di “agri-cultura” e coltivare il Fagiolo Badda che era stato riconosciuto Presidio Slow Food. E in Slow Food ho ritrovato quei valori e quei principi che erano alla base della mia scelta di vita e di lavoro. Ed ho scoperto che erano condivisi: sono entrata dunque a far parte non solo di una Associazione ma anche di una rete di persone e di relazioni, una moltitudine di individui e comunità in tutto il mondo, un movimento… il Movimento del Cibo. Nel 2014 sono diventata Presidente dell’Associazione dei Produttori del Presìdio del Fagiolo Badda. Abbiamo recuperato e deciso di coltivare anche il Peperone di Polizzi Generosa per il quale, nel 2016, abbiamo ottenuto il riconoscimento di Presìdio Slow Food. Dal 2016 un altro importante impegno: avviamo “Il Gusto dei Colori” un piccolo laboratorio di trasformazione di frutta, ortaggi e legumi, per lavorare i Presìdi (ma non solo) in modo artigianale e genuino. Dunque: produttrice, trasformatrice e custode di biodiversità e, dal 4 luglio di quest’anno, membro del Consiglio Direttivo di Slow Food Italia”.

Quali sono i suoi obiettivi personali e quelli dell’associazione da qui al 2025?

“Stiamo attraversando una crisi non soltanto sanitaria ma di dimensioni globali, che si declina in tutte le dimensioni: economica, sociale, climatica, alimentare, culturale e umana. Tutto è interconnesso: perdita di biodiversità, cambiamenti climatici, sistemi di produzione del cibo e sicurezza alimentare, crisi pandemica e non… Siamo consapevoli che è necessario, anzi urgente, un cambiamento di paradigma nel modo di produzione del cibo, di utilizzo del suolo e delle risorse, basato su un ripensamento del rapporto uomo/ambiente. Perché il tema del cibo lega in modo trasversale l’ambiente, l’agricoltura, le attività di trasformazione, la salute, la cultura e l’educazione, la ricerca, il commercio e il turismo. Il cibo è strumento di azione politica. Per queste ragioni, come Slow Food crediamo si debba continuare a lavorare per riaffermarne la centralità. E parafrasando Carlo Petrini, abbiamo il dovere di agire il cambiamento, di esserne interpreti e co- protagonisti. In questo senso, obiettivi personali (come componente del Consiglio Direttivo nazionale) e obiettivi dell’Associazione coincidono perfettamente!”.

Tra i tanti punti toccati nel manifesto presentato al congresso nazionale merita particolare attenzione quello relativo alle mense scolastiche. Come intendete agire per renderle migliori e “più sane”? Quanto sarà importante, in questo processo, il legame con il Made in Italy e quindi con la tutela e la difesa delle varie eccellenze locali?

“Il nostro modello di mensa (non solo scolastica ma anche, ad esempio nelle carceri, negli ospedali, nelle RSA…) esprime un’idea precisa: la mensa è intesa come un diritto e non un servizio, ed è anche strumento di conoscenza e relazione. E’ il luogo dove il “cibo buono, pulito e giusto per tutti” trova una delle sue più naturali espressioni. Ed è anche uno spazio, non solo luogo fisico, dove si impara cos’è la sostenibilità nella produzione alimentare, si pratica l’intercultura e si valorizzano le differenze, a partire dalla biodiversità, sulla base della imprescindibile attenzione ai più deboli”.

Come?

“Attraverso approvvigionamenti più equi e sostenibili grazie alla creazione di sistemi locali del cibo che valorizzano le produzioni locali, sostenibili e accessibili a tutti. Questo significa che le materie, prime o trasformate, ingredienti dei pasti devono consistere in prodotti freschi, provenienti da coltivazioni agro-ecologiche e da allevamenti non intensivi e rispettosi del benessere animale; che vanno sostenute le filiere produttive corte e virtuose nelle quali, i produttori preferibilmente di piccola e media scala, attuano pratiche agro-ecologiche e generano lavoro buono e retribuito dignitosamente”.

Tra gli effetti collaterali della pandemia c’è, certamente, la crisi delle ristorazione: come immaginate di operare per fare rete e sostenere la ripartenza del settore?

“L’Alleanza dei Cuochi di Slow Food è già modello di buone prassi, condivisibili e replicabili. La crisi pandemica e le conseguenti restrizioni hanno sottolineato ancora di più la forza di reti come questa, che hanno come obiettivo principale la valorizzazione del cibo prodotto localmente con la scelta e l’uso di ingredienti la cui produzione ha un minor impatto ambientale. Soltanto attraverso scelte critiche e consapevoli si può fare la differenza: da parte dei cuochi/ristoratori e da parte dei clienti/consumatori. I ristoratori hanno storie, cucine, profili molto differenti fra loro ma possono condividere l’impegno per la tutela della biodiversità agroalimentare, per la salvaguardia dei saperi gastronomici e delle culture locali, il sostegno ai piccoli produttori: attraverso la ricerca e l’utilizzo di materie prime di qualità (locali, sostenibili e di stagione) possono ridurre l’impatto ambientale della propria attività e lo spreco alimentare. Scegliere di proporre cibo buono, pulito e giusto è il miglior strumento per la ripartenza!”.

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