Sopravvissuti Shoah a Facebook “Rimuovere i contenuti negazionisti” - QdS

Sopravvissuti Shoah a Facebook “Rimuovere i contenuti negazionisti”

redazione

Sopravvissuti Shoah a Facebook “Rimuovere i contenuti negazionisti”

venerdì 31 Luglio 2020

ROMA – I sopravvissuti all’Olocausto invitano Mark Zuckerberg, fondatore e Ceo di Facebook, a rimuovere i contenuti negazionisti dal social network, in un messaggio video pubblicato nei giorni scorsi. Nove i sopravvissuti che appaiono nel video pubblicato sul più grande social network del mondo, tra cui Eva Schloss, sorellastra di Anne Frank, che ora ha 91 anni. Il video è stato realizzato in collaborazione con Claims Conference, un’organizzazione creata nel 1951 in particolare per lavorare per recuperare le proprietà saccheggiate.

“Quando le persone dicono online che l’Olocausto non è mai accaduto, dicono che mio padre, mia sorella e sessanta membri della mia famiglia non sono stati assassinati dai nazisti”, dice Lea Evron, oggi 85 anni. Di origine polacca, fuggì dai campi di sterminio insieme a sua madre quando suo padre e sua sorella furono deportati nel 1943. “Coloro che sostengono che l’Olocausto non sia esistito mi chiamano bugiardo”, riassume Sidney Zoltak, anch’egli di origine polacca, che fuggì dai campi nascondendosi nei villaggi polacchi.

In un documento pubblicato all’inizio di luglio, l’organizzazione anti-semitismo Anti Defamation League (Adl) ha fornito diversi esempi di gruppi di Facebook in cui gli utenti hanno messo apertamente in dubbio l’esistenza dell’Olocausto o la sua estensione.

Tra questi, il gruppo Codoh o “comitato per un dibattito aperto sull’Olocausto”, dove mercoledì erano ancora visibili messaggi che negavano che il genocidio degli ebrei d’Europa avvenisse durante la seconda guerra mondiale.

Nel luglio 2018, Mark Zuckerberg, che è lui stesso ebreo, ha spiegato che non voleva rimuovere i post negazionisti da Facebook. Negli Stati Uniti, il revisionismo e il negazionismo non sono proibiti dalla legge e la giurisprudenza tende a metterli sotto la protezione del Primo Emendamento della Costituzione, che garantisce la libertà di espressione.

In molti stati europei, d’altro canto, le osservazioni revisioniste o negazioniste sono soggette a procedimenti penali.

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