Attraverso il racconto del poliziotto Roberto Di Legami, emergono dei particolari molto importanti dal primo processo sulla strage di Capaci. Come raccontato, infatti: “Il giorno prima dei fatti, siamo sul cavalcavia che porta all’aeroporto di Palermo, c’è un imprenditore importante”. Questo, “è il cognato del generale Dalla Chiesa che vede un furgone”. – sostiene Di Legami attraverso le parole riportate dal presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Chiara Colosimo.
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“Gli sembra uno dei furgoni della sua azienda, si ferma, scende, va a controllare quel furgone perché pensa quello è il mio dovrebbe stare a Sciacca, non qui. Va lì, dentro il furgone non c’è nessuno ma sotto, in quell’avvallamento dove tutti poi purtroppo siamo stati, dove adesso c’è un uliveto, dove i ragazzi vanno a commemorare quella strage di Capaci, c’erano due uomini che armeggiavano con del filo, probabilmente elettrico. Quando racconta la telefonata che gli fa il cognato del generale Dalla Chiesa, successivamente riconosce in Di Matteo uno dei due che stava lì ad armeggiare con quel filo elettrico, che poi fu condannato per la strage di Capaci”.
Successivamente, attraverso il racconto di Di Legami emergono nuovi dettagli: “La targa di quel furgone era Ravenna. Si fa un gran parlare del rapporto mafia appalti ma per capire davvero su cosa si stava lavorando in quei 57 giorni noi dobbiamo andare parallelamente su due filoni, quello più noto del filone mafia appalti e quello che in questo momento è diventato ancora più importante che è quello di Massa Carrara, dove entra in gioco la Calcestruzzi Sp”.
Poi, continua ancora il racconto di Chiara Colosimo: “L’orario dell’esplosione in via d’Amelio, il 19 luglio 1992, lo conoscono tutti, ed è quello delle 16.59, ma quello che non si conosceva è l’orario in cui vengono apposti i sigilli all’ufficio in procura di Paolo Borsellino: le 23:25. Dalle 17 alle 23.30 quell’ufficio è rimasto aperto e noi non sappiamo chi può essere entrato e cosa può aver sottratto in quell’ufficio, ma sappiamo che cosa poi hanno repertato all’interno. E che cosa trovano? I verbali di collaborazione di Gaspare Mutolo, i verbali di Leonardo Messina, che è uno dei primi collaboratori che ci dà delle informazioni importantissime”.
“Innanzitutto come prima istanza si sa che c’era un uomo, Angelo Siino, il collaboratore per eccellenza di Totò Riina nella gestione degli appalti, cioè colui che andava dagli imprenditori per trattare per Cosa Nostra per cercare di gestire nel miglior modo possibile gli appalti. E in quegli stessi verbali che troviamo nell’ufficio di Borsellino Leonardo Messina ci dice che Totò Riina aveva un interesse sempre più crescente per la Calcestruzzi spa. Dentro quell’ufficio troviamo il fascicolo di Luigi Ranieri, un imprenditore che si sottrae alla logica del tavolino cioè quella logica che vedeva gli imprenditori sottomessi alle volontà di Cosa Nostra, muore. E va sottolineato – prosegue Colosimo – che tra le agende che c’erano in quel fascicolo c’erano quelle di Luigi Ranieri. In quelle agende si trovano molti nomi di imprenditori e politici che poi ritroveremo in mafia appalti. Infine, troviamo poi il verbale di Aurelio Pino Napoleone, il primo imprenditore che decide di collaborare con la giustizia e che svela tutti i meccanismi di accordi tra Cosa Nostra e gli imprenditori”. – conclude la presidente della commissione parlamentare antimafia.