Angelo Tardino si è recato questa mattina di buon ora in casa del fratello Diego a Licata con l’intenzione di compiere una strage. E’ questa la convinzione degli investigatori che sottolineano come l’autore dell’eccidio avesse con sè ben tre armi, tutte legalmente detenute.
Una Beretta calibro 9 con la quale ha prima ucciso il fratello e la cognata Alessandra, un altro revolver che ha utilizzato per assassinare i nipoti Alessia di 15 e Vincenzo di 11 anni, e una terza pistola che ha infine rivolto contro di sè per togliersi la vita, mentre era al telefono con i carabinieri che stavano cercando di convincerlo a costituirsi.
La tragedia di Licata «costituisce l’ennesima sconfitta di una cultura – la nostra – sempre più disorientata e sempre meno capace di gestire le emozioni e le tensioni che turbano l’esistenza personale e interpersonale. Esige una inderogabile presa di coscienza individuale e comunitaria sul valore della persona umana, soprattutto se innocente e indifesa, e sull’importanza della cura delle relazioni, al di là di ogni ferita e di ogni offesa».
Lo afferma il vescovo di Agrigento, Alessandro Damiano. «Chiama in causa – aggiunge – tutti noi, nella responsabilità condivisa in merito alla promozione della cultura della vita e alla testimonianza del vangelo dell’amore e del perdono. Profondamente addolorato per quanto accaduto, assicuro la mia preghiera per le vittime ed esprimo la mia vicinanza e il mio cordoglio alla famiglia e all’intera città di Licata».