Strage di via D'Amelio, il depistaggio e il teste, "I miei giorni con Scarantino" - QdS

Strage di via D’Amelio, il depistaggio e il teste, “I miei giorni con Scarantino”

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Strage di via D’Amelio, il depistaggio e il teste, “I miei giorni con Scarantino”

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venerdì 17 Settembre 2021

Stamattina l'udienza sul depistaggio delle indagini della Strage di via D'Amelio. A essere interrogato l'ex Dia Domenico Militello

“Il 29 giugno ’94 Vincenzo Scarantino fu interrogato alla procura di Caltanissetta. Lo abbiamo accompagnato nella stanza degli interrogatori, c’era la dottoressa Ilda Boccassini. Io sono rimasto fuori e non ricordo di aver partecipato. Quando hanno finito l’interrogatorio lo accompagnammo nella stanza del dottore Tinebra. Il suo stato d’animo era assolutamente tranquillo”.

A raccontare quell’episodio nel corso dell’udienza di stamane sul depistaggio della Strage di via D’Amelio che si celebra a Caltanissetta, Domenico Militello, sostituto commissario adesso in pensione, in servizio alla Dia. Scarantino è il falso pentito che, secondo l’accusa, fu costretto a fare false dichiarazioni per depistare le indagini sulla strage di via D’Amelio. Accuse mosse ai tre imputati del processo, per calunnia aggravata in concorso, i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo.

“Faccio presente – ha continuato Militello – che Scarantino all’epoca era un detenuto e quindi veniva accompagnato ovunque. Alla fine di quell’interrogatorio Scarantino fece una serie di domande che riguardavano lui, la moglie e i figli. Fu spiegato a Scarantino ciò che è previsto per un collaboratore di giustizia. Lo stato d’animo di Scarantino era assolutamente tranquillo.

I problemi con Scarantino sorgevano solo quando c’era la moglie perché lui era di una gelosia folle. Nei 3 giorni che sono stato con lui era assolutamente tranquillo”. Nel 1998 Scarantino ha ammesso di non avere preso parte all’attentato di via D’Amelio sostenendo di essere stato costretto da Arnaldo La Barbera, ex capo della squadra mobile di Palermo. a confessare il falso, e di aver subito maltrattamenti durante la sua detenzione nel carcere di Pianosa. A Militello è stato chiesto se La Barbera avesse mai avuto incontri con mafiosi. “Assolutamente no. La Barbera era un tipo schivo – ha risposto Militello – usciva sempre scortato, ogni tanto si faceva qualche passeggiata la sera con qualche collega, qualche funzionario. Da solo non usciva mai anche perché era stato minacciato di morte”.

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