Sud, un milione di bimbi fuori dagli asili nido - QdS

Sud, un milione di bimbi fuori dagli asili nido

redazione

Sud, un milione di bimbi fuori dagli asili nido

domenica 01 Settembre 2019

Il meccanismo perverso è dovuto al Federalismo fiscale voluto dalla Lega Nord nel governo Berlusconi caduto nel 2011. La Fp Cgil rilancia campagna #ChiedoAsilo: servono due miliardi e seicento milioni di risorse

Vigilia di apertura delle scuole, ma non per tutti.

Oltre un milione di bambine e bambini tra zero e tre anni sono infatti esclusi dagli asili nido, soprattutto, perché “respinti”, tra una scarsa offerta pubblica, in progressivo definanziamento, soprattutto in un Sud estremamente penalizzato dal cosiddetto Federalismo fiscale, e l’esosa richiesta dei privati che gestiscono queste strutture.

A sottolineare questo dato è una elaborazione della Fp Cgil Nazionale, condotta sui dati Istat relativi all’offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia in parallelo con le rilevazioni della banca dati I.Stat.

#ChiedoAsilo contro le differenze territoriali

Il sindacato ha denunciato la necessità di “invertire la rotta sugli investimenti sul personale che opera nel settore, attraverso nuove assunzioni, percorsi di riqualificazione e rinnovo del contratto nazionale”.

Entrando nel dettaglio dell’elaborato, che rilancia la campagna della categoria dietro le parole ‘#ChiedoAsilo: perché l’asilo nido sia un diritto e non più un servizio a domanda individuale’, la Fp Cgil riporta come l’Istat abbia censito sull’intero territorio nazionale, per l’anno scolastico 2016-2017, 13.147 servizi socio-educativi per l’infanzia, tra pubblici e privati, di cui 11.017 sono asili nido.

Una mole tale da coprire nel complesso circa 354 mila bambine e bambini, in poco più della metà dei casi allocati in posti pubblici, e di cui 320 mila nei nidi.

Numeri che corrispondono al 24% del potenziale bacino di utenza, ovvero 24 posti ogni cento bambini, ancora ben al di sotto da quel 33% fissato dall’Unione Europea nella (passata) strategia di Lisbona che prevedeva entro il 2010 una copertura pari al 33%.

Il Federalismo fiscale leghista colpisce il Sud

La vicenda venne denunciata dal quotidiano napoletano “Il Mattino” sin dal 2014 e scatenò i ricorsi presentati da settanta Comuni del Mezzogiorno con capofila Riccia in Molise, Altamura in Puglia e Cinquefrondi in Calabria e recepiti dal Tar del Lazio: il caso degli asili nido zero, infatti, è solo il più clamoroso di una serie di storture che incidono sui diritti di cittadinanza nel Meridione.

A volere il federalismo fiscale furono i governi Berlusconi a trazione leghista. La Legge delega n. 42 di Riforma del Federalismo fiscale venne firmata da Roberto Calderoli il cinque maggio del 2009. La legge conteneva già principi e criteri direttivi per l’attuazione del federalismo fiscale. Vennero poi emanati, prima della caduta, nel 2011, del Governo Berlusconi – del quale faceva parte, come sottosegretario al Lavoro, l’attuale presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci – ben nove decreti legislativi.

Le regole diaboliche del Federalismo fiscale leghista

Secondo Marco Esposito, giornalista del “Mattino” e autore del libro “Zero al Sud” che dimostra come il federalismo fiscale abbia affossato i Comuni italiani da Roma in giù, parla di “regole diaboliche”.

“Praticamente – spiega – invece di dare il livello essenziale a tutti, cioè un minimo da garantire a tutta Italia, si è stabilito che chi aveva poco era giusto che avesse poco”.

Tra gli esempi pratici quello del già citato Comune pugliese di Altamura che ha 70.000 abitanti, 1.800 bambini e risulta un fabbisogno di asili nido pari a zero.

Esposito, nel libro, spiega perché le regole siano diaboliche paragonando due città, Reggio Calabria e Reggio Emilia: alla prima il diritto riconosciuto per gli asili nido è novantamila euro, alla seconda, un po’ più piccola della prima, vengono riconosciuti ben nove milioni di euro, ossia cento volte di più.

I dati del sindacato confermano questa follia

Dai dati della Cgil questa follia che affossa il Meridione viene perfettamente confermata. Il parametro del 33% fissato dall’Unione Europea viene ampiamente superato al centro nord (Valle d’Aosta record con il 44,/%, ma anche Emilia Romagna, Toscana, Provincia di Trento) mentre in Abruzzo, Molise e Sardegna i posti privati e pubblici superano appena il 20%, con il minimo del 7,6% di copertura in Campania.

Diminuiscono i nidi gestiti dai Comuni a favore di una crescente scelta delle amministrazioni a forme di privatizzazioni o servizi privati puri.

In particolare la spesa dei Comuni per i nidi ha smesso di crescere, passando da 1,6 miliardi di euro del 2012 a 1,475 miliardi del 2016.

Nonostante ciò la compartecipazione delle famiglie cresce dal 2004 al 2014 passando dal 17% al 20% della spesa corrente impegnata dai Comuni.

Per un bambino calabrese solo 88 euro, in Trentino 2.209

La spesa media a livello regionale varia drasticamente: per un bambino della Calabria i Comuni – vista la miseria che viene loro riservata dal federalismo fiscale leghista – stanziano in media solo 88 euro per i servizi offerti, contro i 2.209 euro del Trentino.

“Per raggiungere la quota del 33% di copertura – spiega la Fp Cgil – occorre garantire risorse per 2,6 miliardi di euro, da tradurre in costruzione di nuovi asili e nell’assunzione di almeno ventimila docenti nel segmento 0-3. Non è con la video sorveglianza che garantiremo un futuro al paese. Non è possibile che l’unica risposta negli ultimi anni sia quella delle somme stanziate per l’installazione di impianti per la video sorveglianza permanente: la scelta recentemente fatta dal Parlamento è una scelta sbagliata. Solo un servizio universale e pubblico è garanzia di qualità”.

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