di Chicco Testa
Presidente di Fise Assoambiente
Il Ministero della Transizione Ecologica ha aperto una consultazione pubblica per definire la Strategia nazionale per l’economia circolare, scadenza 30 novembre 2021. Di cosa si tratta? La transizione ecologica, decisa su scala mondiale con l’Agenda 2030 e a livello europeo con il Green New Deal, si basa su due pilastri: la transizione energetica, che punta all’uso efficiente dell’energia e l’economia circolare, che punta al massimo uso efficiente della materia. Energia e materia, due aspetti della strategia ambientale che vanno tenute insieme per raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura.
Si parla molto di energia nel dibattito pubblico di questi mesi. Meno di risorse naturali, materia, rifiuti e riciclo. Eppure si stima che il mondo della materia debba contribuire per il 50 % al raggiungimento degli obiettivi sul clima. Per comprendere l’impatto sull’ambiente del consumo di materia basti pensare che l’Italia usa materiali per 500 milioni di tonnellate all’anno, 8,1 tonnellate a testa, prevalentemente risorse minerarie non energetiche. Questo flusso di materia genera 185 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno e 450 milioni di tonnellate di emissioni gassose, in buona parte gas serra. Solo in parte i rifiuti vengono riciclati (circa il 60%), ma l’italia presenta uno dei migliori tassi di riciclo europei e uno dei migliori tassi di circolarità (quanta materia usata deriva da processi di recupero), un buon punto di partenza.
La strategia per l’economia circolare ha l’obiettivo di cambiare questi numeri: usare meno risorse (ridurre le 500 milioni di tonnellate), ridurre la produzione di rifiuti e aumentare il tasso di riciclo. Come si fa? Le linee guida del Ministero della Transizione Ecologica indicano due strade. Gli interventi “a monte” serviranno a produrre beni e prodotti che usino meno materie prime, che durino più a lungo e che siano riciclabili, riusabili, recuperabili. Obiettivi raggiungibili con la nuova Direttiva sul design dei prodotti (ecodesign), con nuovi strumenti di certificazione ambientale, forse con strumenti economici e fiscali di incentivo. Viene richiesto alle imprese manifatturiere uno sforzo aggiuntivo, ed il marketing svolgerà il suo ruolo, i consumatori saranno invogliati a scegliere prodotti a basso impatto.
Poi ci saranno gli interventi “a valle” tesi ad aumentare il tasso di riciclo e di circolarità, interventi di fatto già definiti nel pacchetto economia circolare del 2018. Aumento della raccolta differenziata, potenziamento delle filiere di riciclo, supporto economico e legislativo alle filiere critiche (plastiche, Raee, rifiuti organici), target di riciclo ambiziosi e sfidanti, strumenti economici. Per far funzionare gli interventi a “valle” servono quelli a “monte”, ma servono anche impianti per il riciclo ed il recupero (anche energetico per quello che non si può riciclare) e servono mercati del riciclo funzionanti. Gli sbocchi di mercato devono essere garantiti e l’oscillazione dei prezzi delle materie prime seconde su mercati ormai aperti e globali deve essere “controllata” da strumenti economici nuovi, come i certificati del riciclo. Nell’economia circolare i rifiuti non “svaniscono nel nulla”, gestirli in modo appropriato richiede uno sforzo di politiche pubbliche e di governance elaborato e adeguato, come si è fatto nel mondo dell’energia.