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Trapani: pen drive esplosiva in Procura, arrestato un ingegnere

redazione

Trapani: pen drive esplosiva in Procura, arrestato un ingegnere

martedì 21 Maggio 2019

Dietro l'attentato l'espediente studiato da un palermitano per cercare di bloccare le azioni legali avviate in sede civile nei confronti di un'eredità a rischio creditori

Volto pulito, occhiali, espressione mite, eppure era disposto a tutto pur di salvaguardare i beni della sua famiglia a rischio di essere aggrediti dai creditori.

Così, secondo l’accusa, un ingegnere informatico di Palermo, Roberto Sparacio di 51 anni, dopo la morte di suo padre, avrebbe escogitato un sistema degno dei fumetti di Diabolik, per bloccare le azioni legali avviate in sede civile, nei confronti del patrimonio ereditato, con interessi economici tra Trapani e Pantelleria.

Dopo lunghe indagini il professionista è stato arrestato, su ordine del gip di Trapani, nell’operazione chiamata “unabomber”, per avere, dicono gli investigatori, confezionato due pen drive esplosive.

E’ accusato di minacce aggravate, lesioni gravissime, tentata estorsione, fabbricazione, commercio e detenzione di materiale esplosivo e di addestramento a preparare esplosivi.

Una delle pen drive, l’8 ottobre scorso, ferì gravemente alla mano sinistra l’ispettore superiore della sezione di pg della polizia presso la Procura di Trapani, Gian Camillo Aceto. Il dispositivo fu recapitato nel settembre 2016 ad un avvocato civilista, Monica Maragno, all’interno di una busta con il falso logo dell’ordine degli avvocati.

Arrivò al legale alla vigilia di un’udienza di una causa civile scaturita dalla denuncia di un gruppo di creditori degli Sparacio.
Ma l’avvocato insospettitosi, consegnò la busta all’ordine professionale al quale è iscritta, che, a sua volta, lo recapitò in Procura. E da quel momento passarono due anni.

La “pratica” rimase ferma negli uffici per mesi. Poi nel 2018 l’ispettore Aceto, rimase ferito quando, su delega del pm, introdusse la pen drive in un pc della sezione di pg per visionarne il contenuto, non sospettando nulla. Lo scoppio lo investì all’improvviso.

Fu trasportato all’ospedale di Marsala, nel reparto di Chirurgia plastica, dove venne sottoposto a un intervento chirurgico di ricostruzione di un dito.

Durante le indagini è emerso che l’ingegnere avrebbe destinato l’altra pen drive esplosiva, al titolare di un pub di Palermo che aveva acquistato all’asta un immobile appartenuto alla sua famiglia. Il dispositivo fu preso casualmente da un giovane di 25 anni che lo inserì, nel luglio 2016, a casa sua nel computer e rimase lievemente ferito.

Le indagini allora furono archiviate.

Sparacio, secondo gli investigatori, era disposto a tutto pur di salvaguardare le proprietà familiari, persino, sostengono i poliziotti, di progettare l’eliminazione fisica di uno dei creditori attraverso un killer da assoldare.

Nell’estate di tre anni fa a Palermo, aveva anche preso a pugni, hanno detto gli inquirenti in conferenza stampa, uno dei suoi difensori, responsabile, secondo lui, di non aver agito nel migliore dei modi per evitare la vendita all’asta di un suo appartamento.

“Le elevate capacità dell’arrestato di fabbricare esplosivi” sono emerse anche dall’attività di un agente sotto copertura del servizio centrale operativo della polizia, al quale l’indagato ha venduto copia di alcuni manuali di esplosivi e di chimica di laboratorio.

Nell’abitazione dell’ingegnere, a Pantelleria, c’era un vero è proprio laboratorio, dove preparare congegni esplosivi e per miscelare sostanze chimiche molto pericolose. In una cava di contrada Kazen, inoltre, è stato trovato un kg di sostanze esplosive “pericolosissime”, al punto che proprio in queste ore gli inquirenti, considerato che il materiale “non è trasportabile”, stanno valutando se farlo esplodere sul posto.

Sparacio dovrà rispondere anche di detenzione di materiale pedopornografico, rinvenuto dagli investigatori sul suo pc.

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