Certo c’è l’effetto Meloni, lei è una leader gli altri non ce l’hanno. È proseguita l’onda lunga delle politiche e la destra vince con due candidati il Lazio e Lombardia. I pochissimi cittadini andati a votare hanno condannato anche il Governo approssimativo regionale del Lazio e hanno deciso di non disapprovare il modello Lombardo, in campo da quasi trent’anni, seppur con sfumature diverse.
L’astensione ha premiato, ma lo fa da alcuni anni, la destra. Una volta era il contrario, la sinistra militante, agguerrita, organizzata e le destre andavano al mare. Oggi le sinistre sono disimpegnate, divise, senza leadership e stanno in pantofole a guardarsi il dopofestival. Le sinistre delle ricche minoranze vanno bene per salotti e media, dove c’è il comodo telecomando e qualcuno, altri no, tiene acceso il riscaldamento.
Ma quando si deve uscire di casa a basse temperature e andare in un seggio elettorale ci va la militanza, la passione o la fazione di contrasto. E a sinistra è ormai pochissima. Non ci sono più quelli che si commuovono alle feste popolari, come cantava Gaber. Piadina e martello sono in cantina, la falce guarda a Lollobrigida. La sinistra nazionale si era schiacciata su Conte, la nuova stella polare del progressismo sostenibile, e vediamo come è finita. È stata prima tradita e poi aggredita in un velleitario tentativo di scalata. Vedere Conte che si fotografa con la foto di Berlinguer fa onestamente venire la nausea.
Poi certo ci sono i freddi risultati dei partiti. La Meloni consolida e avanza sul voto delle politiche, i carri dei vincenti tirano sempre. Avanza ma non sfonda in Lombardia, e questo è un bene per la tenuta di Governo. FdI è primo partito in Lombardia ma la Lega, pur arretrando, non crolla e Forza Italia sembra dopata, resiste al gerovital. Il PD si consola di non essere sotto delle politiche e soprattutto di non essere sorpassato da Conte, che si sgonfia come un parvenu vuoto. Il terzo Polo a trazione calendiana, Renzi si è furbamente tenuto in disparte, non riesce a organizzare liste e movimento politico. Calenda è un comunicatore ma certamente non un organizzatore di squadre politiche. In Ferrari era al marketing quando in squadra c’era Jean Todt, altra pasta.
Per il resto i problemi restano tutti sul tappeto, guerre, poca Competitività, scarso ruolo internazionale, poco incrocio tra offerte e domande di lavoro, solo fazioni e canzonette. Non il massimo per un Paese in declino da anni.
Così è se vi pare.