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Vino, Pio Cesare: tra stile rigoroso, memoria familiare e nuovi progetti

Vino, Pio Cesare: tra stile rigoroso, memoria familiare e nuovi progetti

Federica Boffa Pio a askanews: papà diceva “Devi saper gestire un’azienda”

Milano, 12 nov. (askanews) – ‘Porto il doppio cognome Boffa Pio, perché mio papà chiese di aggiungere il cognome di mia nonna: la Cantina arriva dalla sua linea. Al mio battesimo mi bagnò le labbra con il Barolo e mi ricordo che in casa si era soliti dire ‘il vino fa sangue’: credo che sia anche da gesti così che nasce un legame profondo con questo lavoro. Nelle Langhe questo è il momento delle nuove generazioni, molti miei coetanei, tra cui diverse ragazze, sono entrati in azienda. La mia storia è diversa, il mio non è stato il classico percorso di passaggio generazionale, perché ho dovuto raccogliere l’eredità famigliare molto presto. Sono cresciuta in cantina e in vigna, e ho viaggiato fin da piccola con i miei genitori. Ho fatto il liceo classico e poi ho studiato Economia: mio padre mi diceva: ‘il vino te lo insegniamo noi, tu devi saper gestire un’azienda”. E così Federica Boffa Pio, a 23 anni si è trovata a capo di un’azienda storica delle Langhe, dopo che il Covid si era improvvisamente portato via suo padre, Pio Boffa, ad appena 66 anni, nel 2021.

‘Papà è stato l’anello tra passato, presente e futuro, convinse la famiglia che, per alzare la qualità, serviva il controllo diretto sulle uve e così iniziò un percorso durato quasi cinquant’anni che oggi ci permette di produrre tutti i vini dai nostri vigneti di proprietà, circa 80 ettari tra Barolo e Barbaresco, con appezzamenti anche nelle Langhe per Barbera, Dolcetto e Moscato, sui Colli Tortonesi per il Timorasso e in Alta Langa, dove coltiviamo Nebbiolo ad altitudini più elevate per capire che prospettiva può avere in futuro’ prosegue parlando ad askanews la produttrice oggi 27enne, ricordando che ‘papà fu anche tra i primi, negli anni Settanta, a coltivare e produrre Chardonnay con un vino diventato iconico per la famiglia. Ha spinto anche sui vini da singolo vigneto, affiancandoli agli assemblaggi della tradizione’.

Noto in tutto il mondo, Pio Cesare è uno dei grandi nomi del vino italiano. Proprio nel (maledetto) 2021 ha compiuto 140 anni, passati tutti nel centro storico di Alba (Cuneo), tanto da essere l’unica Cantina a poter apporre sulle etichette dei loro classici Barolo e Barbaresco lo stemma della città e ad avere il permesso di vinificare il Barolo in un Comune che non rientra tra quelli della Denominazione, perché quando nacque il Disciplinare la Cantina già lo produceva. ‘L’azienda è stata fondata nel 1881 da nostro trisnonno, Cesare Pio. All’epoca però i marchi si registravano con il cognome prima del nome e così è nato Pio Cesare, che è considerato tra i pionieri del vino di qualità in Piemonte e tra i primi a viaggiare per far conoscere i vini di Alba e delle Langhe in Italia e poi all’estero già all’inizio del Novecento: è stato il 55esimo cittadino italiano ad ottenere il passaporto’ ricostruisce Federica, precisando che ‘Cesare Pio acquistò una piccola casa in centro nel 1881, a vent’anni: era orfano e non aveva conosciuto i genitori, e in quella casa, con una stalla sotto terra, iniziò a fare vino. Quella stalla è il luogo dove oggi invecchiamo il Barbaresco e il Barolo nelle botti grandi’.

Ad affiancare Federica, quinta generazione, c’è il cugino 50enne Cesare Benvenuto Pio, alle prese con un marchio storico grande e complesso, che stanno ‘spolverando’, anche attraverso investimenti, la voglia di fare gruppo con gli altri produttori, lo sviluppo dell’enoturismo e l’attenzione alla comunicazione, aspetto questo su cui Pio Boffa, imprenditore per bene, riservato come solo un piemontese sa essere, non aveva mai nemmeno preso in considerazione. Altri anni. ‘Viaggiava tantissimo e noi continuiamo a farlo per portare avanti il lavoro di ambasciatori del territorio prima ancora che della famiglia’ racconta Federica, sottolineando che ‘come ha fatto mio papà rispettiamo la tradizione ma guardiamo anche avanti’. Gli ultimi ‘Barolo Pio’ e ‘Barbaresco Pio’ annata 2021 sono in piena continuità con lo stile della casa, fondato su equilibrio e misura, sulla pazienza verso il tempo, grazie anche ad una stagione regolare e priva di eccessi, con uve sane e mature capaci di restituire con precisione il carattere dei territori delle Langhe. Di padre in figlia, la visione non è poi così diversa, supportata da un gruppo di lavoro di campagna e cantina che è il medesimo da decenni: la famiglia allargata.

Le vigne destinate al Barbaresco si trovano nei Comuni di Treiso e nella frazione San Rocco Seno d’Elvio nel Comune di Alba, mentre quelle dedicate al Barolo sono distribuite tra Serralunga d’Alba, Monforte d’Alba, La Morra, Novello e Grinzane Cavour. L’assemblaggio delle diverse parcelle non risponde a un criterio di classificazione ma al desiderio di rappresentare la varietà dei suoli, delle esposizioni e delle altitudini che compongono il mosaico del territorio. ‘Ogni vigneto possiede un carattere unico – evidenzia – e solo attraverso la loro unione si può raccontare pienamente la complessità delle Langhe’. ‘Il 2021 ci ha consentito di ottenere vini che uniscono struttura ed eleganza, con un profilo coerente con la nostra storia’ spiega la produttrice (che guida anche il gruppo giovani dell’Istituto grandi marchi), sottolineando che ‘l’approccio produttivo si fonda su rigore tecnico e conoscenza profonda dei vigneti, elementi che da sempre definiscono la nostra identità’. La vendemmia, svolta interamente a mano, si è tenuta dal 7 al 10 ottobre nei vigneti di Barbaresco e dall’11 al 18 ottobre in quelli di Barolo. ‘Abbiamo intensificato il numero di campionamenti e analisi’ precisa Boffa ‘per determinare con maggiore precisione il momento ideale della raccolta’. Le uve vengono poi portate nella storica sede di Alba, dove fermentano in acciaio a temperatura controllata con lunghe macerazioni sulle bucce. L’affinamento avviene in botti grandi di rovere francese e dell’Est Europa, con un uso marginale di barriques, e prosegue con un periodo di maturazione in bottiglia. Negli anni Settanta l’azienda ha ampliato il patrimonio vitato, mentre negli anni Ottanta, con Pio Boffa, ha introdotto nuovi vini e consolidato il concetto di cru. Nascono in quel periodo etichette come ‘Barolo Ornato’, ‘Piodilei’, ‘Barbara Fides’, ‘Barbaresco Il Bricco’, dalla menzione geografica Bricco di Treiso, la nostra prima vigna acquistata negli anni Settanta e uno dei punti più elevati della zona del Barbaresco, un luogo del cuore. E poi, il ‘Barolo Mosconi’.

Se lo stile è rimasto sostanzialmente immutato negli anni, le stagioni non sono più le stesse. ‘Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti, basta pensare che i nostri nonni raccoglievano il Barolo a novembre e noi finiamo la vendemmia all’inizio di ottobre. In inverno non nevica quasi più, i mesi caldi si sono allungati e noi abbiamo sempre di più un problema con l’acqua: mancano i sistemi di raccolta e non è consentito irrigare’ prosegue, evidenziando anche un ‘lato positivo del cambio del clima: oggi si raccolgono uve che raggiungono una maturazione fenolica e tecnologica più completa, si fanno affinamenti in legno più brevi e una maturazione più lunga in bottiglia, e generalmente si ottengono tannini più morbidi, equilibrati e con un bel frutto che permette di goderli anche da giovani e di essere più versatili nell’abbinamento con il cibo, permettendo di approcciare nuovi consumatori’.

La Cantina produce circa 500mila bottiglie con ben 17 etichette a cui si aggiunge, dal 2016, una sostanzialmente simbolica ma golosa produzione di Vermouth e di Barolo Chinato. Il fatturato complessivo si aggira intorno ai 9 milioni di euro con l’Italia mercato principale ma con l’export in quasi 60 Paesi (di cui gli Usa valgono circa un terzo) che pesa sui ricavi per circa il 70%. A breve sarà pronta la nuova cantina, un investimento ‘da circa dieci milioni di euro che triplicherà gli spazi a disposizione attraverso due nuovi edifici: uno per imbottigliamento, stoccaggio e logistica, e l’altro dedicato ai vini bianchi che oggi rappresentano più o meno il 30% della produzione’.

‘Da pochi mesi abbiamo iniziato anche una piccola attività di distribuzione e abbiamo deciso di farci ambasciatori di tre piccole realtà vinicole’ racconta ancora ad askanews la 27enne, spiegando che ‘la prima è Ernest Remy, viticoltori da sempre che dal 1883 hanno deciso di vinificare le proprie uve per produrre Champagne con il proprio nome, concentrandosi principalmente sul Pinot Nero in circa cinque ettari a Mailly e a Verzenay, oltre ad un altro ettaro le cui uve vengono vendute alla Maison Roederer, famiglia che importa Pio Cesare negli Stati Uniti e nel Regno Unito. La seconda azienda che distribuiamo è Oldenburg Vineyards, una piccola Cantina boutique nella Banghoek Valley, la parte più alta della zona di Stellenbosch in Sudafrica. Ho incontrato il proprietario, Adrian Vanderspuy, e la moglie ad una nostra degustazione con cena a Verbier, in Svizzera. Era febbraio 2024 e la nostra idea di piccola distribuzione era ancora embrionale, dopo che era venuto a presentarsi l’ho invitato a venirci a trovarci in estate e lui un giorno è arrivato con una valigia gigante piena di sue bottiglie. Ho assaggiato i vini e li ho trovati ottimi, soprattutto i bianchi, e così pochi mesi dopo abbiamo fatto il primo piccolo ordine di seicento bottiglie. Fino ad allora non avevano mai venduto una bottiglia che non fosse nostra. La terza realtà – conclude – è una piccolissima cantina nella Hautes-Cotes de Beaune, nel comune di Saint-Romain in Borgogna: l’abbiamo scelta così come abbiamo scelto le altre due: sono tutte e tre aziende storiche che condividono con noi la filosofia produttiva, la lunga tradizione familiare e la volontà di innovare’. (Alessandro Pestalozza)